LONDON NIGHTS

di Pia

Parte 1

 

 Il dott. Gilmore aveva inviato 002,003 e 005 a Londra per indagare su delle strane sparizioni che erano avvenute nella capitale Britannica. In un primo momento c’era con loro anche 007, ma Bretagna s’era lasciato andare ai suoi ricordi e aveva lasciato tutto il lavoro ai suoi amici, che però avevano capito ciò che provava e si occuparono loro di tutto.
Avevano dei sospetti sul dott. Erenfest, noto neurochirurgo dalle idee un po’ bizzarre: ad una conferenza di qualche anno prima aveva dichiarato di aver scoperto il luogo del cervello umano in cui risiedeva la volontà. 003 era riuscita a farsi assumere come segretaria del dott. Erenfest nella sua clinica privata alla periferia di Londra mentre gli altri due seguivano piste secondarie mettendosi sulle tracce di alcuni degli scomparsi. Tuttavia i risultati delle ricerche non davano buoni esiti e i tre erano alquanto scoraggiati.

 

La metro di Londra era poco affollata, era pomeriggio tardo, quasi sera ormai. Un piccolo Rom suonava la sua piccola fisarmonica a cui era appeso un berretto con un gancio. Alcune persone ci lasciavano scivolare qualche monetina prima di scendere alla loro fermata.Un gruppo di ragazzi dall’aspetto trasandato si avvicinò al piccolo mendicante.
<<Bello questo berretto!>> disse uno di loro prendendo il berretto del bambino e mettendoselo in testa, facendo così cadere tutte le monetine.
<<Da’ qua, a me sta meglio di sicuro!>> lo prese un altro.
<<La prego, signore, mi ridia il cappello…>> lo pregò il piccolo ma i ragazzi cominciarono a passarsi il berretto facendo correre il bambino avanti e indietro.
Jet era seduto scomposto proprio in quel vagone e vide la scena. Un mezzo sorriso gli percorse il viso: quante volte aveva partecipato a scherzetti del genere nel suo passato da teppista, ma ora le cose erano cambiate, decisamente cambiate. Pensava a queste cose quando si alzò dal suo posto pronto ad intervenire, ma qualcun altro lo precedette. Una ragazza aveva strappato il cappello dalle mani di uno di quei delinquenti proprio quando non se lo aspettava.
<<Tieni piccolo…>> lo porse al bambino che prese il cappello e scappò via immediatamente.
<<Ehi tu! Cerchi rogne?>> le disse minaccioso uno di loro.
La ragazza girò semplicemente i tacchi senza degnarli di uno sguardo. Uno di loro l’afferrò allora per un braccio costringendola a fermarsi e a girarsi.
Lo guardò freddissima: <<Toglimi le tue zampe puzzolenti di dosso, microcefalo in putrefazione!>>
I ragazzi si misero a ridere, poi il ragazzo che l’aveva afferrata disse: <<Ehi, ragazzi, qui abbiamo una “paladina della giustizia”! Oh che paura che mi hai fatto! Penso proprio che ora ci si diverte per davvero, bellezza!>>
<<Non pensare, non ne hai l’equipaggiamento!>>gli disse sprezzante la ragazza.
I suoi compari sghignazzarono della battuta.
<<Non credere di potermi prendere in giro davanti i miei amici e passarla liscia>> disse allora il ragazzo spazientito cominciando a stringerle più forte il braccio.
<<Lasciami!>>
<<La signorina ha detto di lasciarla stare…>> disse Jet afferrando il polso di quel ragazzo e stritolandolo al punto che dovette mollare la presa. <<Non è da gentiluomini prendersela con le ragazze, non ve l’ha insegnato la mamma?>>
<<E tu da dove sbuchi? Fatti gli affari tuoi, ti conviene!>>
I ragazzi sfoderarono i loro coltelli a scatto. Jet sorrise vedendo quel gesto, gli era familiare… La metro intanto era giunta in una stazione, facendo una frenata un po’ brusca. La ragazza ne approfittò per dare uno spintone a uno di quei ragazzi facendolo cadere sui suoi compari a gambe all’aria, poi prese Jet per il polso.
<<Via!>>
Uscirono dalla metro mezzo secondo prima che le porte si chiudessero. Finirono entrambi per fare un ruzzolone in terra. Si voltarono verso la metro e videro quei ragazzi dietro le porte, ancora nel treno. La ragazza fece loro un gestaccio lasciando Jet allibito.
<<Ma tu sei una pazza scatenata!>> le disse <<…potevamo farci male sul serio uscendo così di corsa dal treno!>>
<<E che altro potevamo fare? Quei ragazzi ci avrebbero fatto a pezzi! Eravamo in due contro cinque!>> rispose lei alzandosi e porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.
Jet fu sorpreso: <<Due?!>>
<<Pensavi forse che t’avrei lasciato da solo contro quelli dopo che mi avevi aiutata?!>>
Jet si rialzò e la guardò come avrebbe guardato un alieno che fosse sbarcato sulla Terra da Marte davanti i suoi occhi.
<<Ma allora sei davvero una “paladina della giustizia”!>>
Si misero a ridere.
<<Il mio nome è Jiuly e sono felice di conoscerti…>>
 <<Jet! Il mio nome è Jet Link.>>
  <<Grazie per l’aiuto, Jet! Sai, anche noi “paladine della giustizia” abbiamo bisogno dei nostri eroi ogni tanto>>
Jet fu imbarazzato dal sentirsi chiamare eroe da quella ragazza. Era davvero carina, niente di particolare, pensò tra sé Jet, ma gli piaceva il suo sorriso marcato da due fossette ai lati della bocca
<<Bhè non potevo certo restare lì a guardare… e poi … mi hai preceduto, sai?... volevo anch’io dare una mano a quel bambino…>>
 <<Ah ma allora anche tu te le vai a cercare! Comunque permettimi di offrirti qualcosa per ringraziarti: io lavoro in un pub poco distante da qui.>>
 <<…va bene… ti ringrazio…>>

Quando Jiuly e Jet entrarono nel pub, la cassiera notò che avevano i pantaloni sporchi, come chi si fosse rotolato per terra e Jiuly aveva un livido sul braccio.
 <<Jiuly, santo cielo, non ti sarai azzuffata di nuovo con qualche ragazzaccio!>>
<<Mi conosci, May, non posso vedere certe cose e restare impassibile, fortuna che questa volta ho trovato qualcuno che mi appoggiasse! Ti presento Jet, mi ha aiutato a tenere a bada dei ragazzi che se la prendevano con un bambino.>>
 <<È un piacere, Jet, io sono May, proprietaria di questo pub e quello che vedi al banco del bar è mio marito Charles.>>
<<Molto lieto, May. Charles…>>
Charles accennò un saluto con la testa.
<<È  una fortuna che Jiuly ti abbia incontrato stasera! Quella ragazza è una testa calda! Mi farà morire di crepacuore una di queste volte! Come mai sei  a Londra, Jet? Non sei Inglese, vero? Dall’accento sembri americano. Sei in vacanza?>>
<<Si, sono di New York ... sono qui per degli … studi.>>
<<Ah sei uno studente universitario! Anche la nostra Jiuly lo era… è una ragazza molto intelligente… peccato non abbia potuto continuare i suoi studi…>>
Jiuly aveva indossato un grembiule e portò a Jet una pinta su un vassoio: <<May, non annoiare il mio amico! Tieni, Jet, questa è la migliore birra della casa, ma se vuoi altro non hai che da chiederlo!>>
<<No, grazie, va bene così!>>.
In quel momento entrarono quattro ragazzi con i loro strumenti. <<Salve, May. Buona sera, Charles. Scusate il ritardo.>>
<<Non vi preoccupate, ragazzi, non è ancora arrivato nessuno, ma appena comincerete  a suonare ci sarà un bel daffare per noi!>>
Era una Jazz band molto brava, Jet si fermò lì per ascoltarli e vide la gente cominciare a popolare quel pub. Gli piaceva quel posto, ci stava davvero bene.
<< Jiuly, mi porteresti un panino con hamburger e formaggio? Questo lo pagò però!>> 
<<Non se ne parla neanche, questa sera sei mio ospite, ti farò pagare quando ritornerai…>>
<<Contaci!>>

 

Un uomo sulla trentina si avvicinò alla scrivania di Françoise: <<Scusi, signorina. Dovrei parlare con il dott. Erenfest.>>
<<Ha un appuntamento?>>
<<Si, sono il sig. Blade>>
Françoise controllò l’agenda degli appuntamenti: <<Prego, il dott. Erenfest la sta aspettando>> disse gentilmente.
<<Grazie!>>
Françoise l’accompagnò alla porta, si sentì scrutare dalla testa ai piedi da quel giovane che le sorrise facendola sentire in imbarazzo.

Il dott. Erenfest visitò accuratamente il sig. Blade e poi disse: <<Lei è sano come un pesce, sig. Blade! Come mai si è rivolto a me?>>
<<Vede dottor Erenfest, io sono un’atleta ma ultimamente sto perdendo colpi, sa la nostra è una carriera breve e a trent’anni sei già una stella al tramonto… Sarò franco con lei, dottore. Ho saputo di alcuni suoi esperimenti per “migliorare” le capacità fisiche… vorrei dare un mio contributo a questa sua ricerca…>>
<<Non so chi le ha dato queste informazioni, ma le assicuro che l’ha presa in giro… quello di cui lei mi parla è fantascienza… noi qui ci occupiamo di semplice neurochirurgia…>>
<<…naturalmente posso pagare…>>
Il dott. Erenfest divenne visibilmente nervoso: <<…la prego di andare, sig. Blade!>>
<<Come vuole dott. Erenfest, se dovesse cambiare idea ho lasciato il mio numero di telefono e il mio indirizzo alla sua segretaria…>>
<<Vada, la prego…>>

Il dott. Erenfest accompagnò Blade alla porta: <<Signorina, accompagni il sig. Blade all’uscita.>>
<<Certo, dottore. La prego di seguirmi, sig. Blade>>
Françoise aveva sentito tutta la conversazione e ne era rimasta sconvolta: come poteva quell’uomo voler trasformarsi in cyborg volontariamente? Lo guardò meglio e si accorse che nella tasca interna della sua giacca aveva un distintivo di Scotland Yard: detective Dylan Holles.
Holles interruppe i suoi pensieri: <<È molto che lavora qui, signorina Arnould? …ho letto il suo nome sulla targa sulla sua scrivania… Françoise Arnould… è francese?>>
<<Si… sono francese, sono stata assunta da poco…>>
<<Deve lavorare ancora per molto? La posso invitare a prendere qualcosa, dopo il lavoro?>>
Françoise capì che il detective Holles era in cerca di informazioni…e anche a lei poteva far comoda qualche informazione in più: <<Oggi non posso, ma potremmo vederci domani sera, finirò alle sette…>>
 <<Perfetto, allora a domani.>>

Françoise tornò alla sua scrivania. Il Dott. Erenfest si era tolto il camice ed era ancora fuori il suo studio: <<Era l’ultimo, vero, signorina?>>
<<Si, dottore. Per stasera abbiamo finito…>>
<<Ah signorina, potrebbe darmi l’indirizzo e il numero di telefono del sig. Blade. L’ha lasciato, vero?>>
<<Si, dottore.>> lo ricopiò su un pezzo di carta e lo memorizzò: 7, Craven road.
<<Grazie, può andare>>

Françoise sbrigò qualche pratica, raccolse le sue cose e fece finta di andarsene, in realtà si diresse verso i sotterranei della clinica dove sapeva che c’erano i vecchi libri contabili della clinica o per lo meno così le avevano detto. Trovò la porta del piano seminterrato bloccata da una sbarra di ferro dall’interno: c’era qualcuno dentro, qualcuno che non voleva essere “disturbato”. Una piccola sbarra di ferro non era un problema per un cyborg come lei, la piegò con facilità senza fare rumore ed entrò. Si diresse verso la stanza dello schedario e sentì con i suoi supersensi che c’era qualcuno dentro: un uomo con una torcia stava rovistando tra i documenti della clinica. Era Holles.
Un gatto si intrufolò attraverso la porta che aveva lasciato aperta. Si avvicinò a Françoise e si strusciò vicino le sue caviglie cominciando a farle le fusa. Holles sentì quelle fusa e si avvicinò rapidamente alla porta ma quando l’aprì vide solo un gatto con i suoi occhi evanescenti nel buio. Uscì fuori e sentì la guardia all’ingresso salutare Françoise.

 

Il piccolo bambino Rom corse fuori dalla stazione della metropolitana in fretta e furia, senza badare alle persone che urtava. L’impatto con 005 lo fece però cadere a terra fermando la sua corsa.
<<Ti sei fatto male, piccolo?>>
Il piccolo fu intimorito da Geronimo: <<La prego, signore, non mi faccia del male!>>
Geronimo rispose con la sua voce profonda e rassicurante:<< Non voglio farti del male, non preoccuparti.>>
Il piccolo si rialzò e guardò con fiducia l’enorme figura che aveva davanti: <<Tu sei un gigante? Mio papà dice che i giganti sono buoni e aiutano i bambini.>>
Geronimo gli sorrise: <<Si, sono un gigante buono, cosa posso fare per te, piccolo?>>
<<Ho paura di tornare a casa da solo, mi accompagneresti, gigante?>>
<<Certo>>
Geronimo gli diede la mano, ma il piccolo potette stringergli soltanto un dito dato le proporzioni tra i due.
<<Dove abiti?>>
<<In periferia nel East-side.>>
Camminarono a lungo mano nella mano, anzi dito nella mano, la periferia era lontana. Misha, questo era il nome del bimbo, cominciò a stropicciarsi gli occhi. Geronimo lo vide e decise di prenderlo sulle sue forti spalle.

Quando arrivarono nell’East-side, Geronimo si trovò di fronte una baraccopoli, quella che Misha chiamava casa altro non era che una vecchia roulotte fatiscente. Un uomo dall’età indecifrabile gli venne incontro, aveva una folta barba brizzolata, uno stano cappello nero e degli abiti sporchi e consunti.
<<Misha! Ti ho già detto che non devi fare tardi! Stavolta le prendi!>>.
Quell’uomo si avvicinò minaccioso a loro e Misha si nascose dietro le gambe del gigantesco Geronimo. L’uomo non si fece intimidire: afferrò Misha per un braccio e con l’altra mano lo sculacciò.
Geronimo intervenne: <<Ehi!>>
L’uomo lo guardò per un istante poi si rivolse a Misha parlando nella sua lingua: <<L’hai portato tu questo?>>
<<Si mi ha aiutato e mi ha accompagnato a casa>>.
L’uomo lo guardò con un altro volto, il volto della cordialità.
<<Benvenuto tra noi, io sono Elrond, responsabile di questa comunità e padre di Misha… questa piccola peste! Gli avevo ordinato di non allontanarsi dal campo la sera… non è prudente: sono spariti in troppi…>> disse tristissimo, con l’aria di chi ha un forte coinvolgimento emotivo.
<<Il mio nome è Geronimo, è stato un piacere badare a Misha.>>

Elrond lo invitò a restare con loro per la cena e Geronimo accettò. Si riunì pressappoco tutto il capo intorno al fuoco, condividendo la cena e danzando al suono delle loro fisarmoniche e delle loro chitarre. Quella strana gente era davvero ospitale con Geronimo.
<<Mi stava dicendo che ci sono state delle sparizioni…>>
<<Già la polizia non si occupa di noi, ma sono spariti alcuni ragazzi di questo campo… anche Juri, mio figlio maggiore, è sparito da più di una settimana…>>
<<Ma non avete contattato Scotland Yard?>> 
<<E a che scopo? Non ci avrebbero neanche ascoltati! La gente non si fida di noi, se uno di noi sparisce, tanto meglio, un parassita in meno! Vedi Geronimo, noi viviamo diversamente dalla gente comune. Noi non pensiamo ad accumulare qualcosa che “un domani” ci può essere utile, noi viviamo oggi perché domani forse saremo già morti! Il lavoro non ci interessa, a noi interessa la libertà! La nostra è una cultura differente, e quindi siamo guardati con sospetto.>>
<<Non condivido il vostro modo di vivere, ma vi rispetto. Credo di capire ciò che dici…>>

La serata era una vera festa di colori e musica, ma fu interrotta bruscamente. Una banda di motociclisti irruppe nel campo scorazzando con le loro potenti moto e seminando il panico tra la gente. A Geronimo bastò alzarsi in piedi per far capire loro che avevano a che fare con uno che gli avrebbe dato filo da torcere. Il solo suo sguardo era una sfida per loro. Un motociclista lo puntò, prese la rincorsa e tirò dritto verso di lui aspettandosi che si scansasse. Geronimo invece restò al suo posto e quando la moto si scontrò contro di lui, fu il centauro ad avere la peggio.
 <<Non è possibile>> disse rialzandosi da terra.
Scesero tutti dalle loro moto e lo circondarono minacciandolo con coltelli, bastoni, catene e nunchaku. Gli saltarono addosso in due, ma a Geronimo non fecero neanche il solletico. Afferrò la mazza da baseball che aveva uno dei due e la lanciò contro tre di loro stendendoli tutti. Provarono ancora ad attaccarlo ma fu come battere una roccia…
<<Non è possibile: tu sei sicuramente un cyborg!!! - disse uno di loro - Ma non finisce qui! Torneremo! Ride bene chi ride ultimo!>>
Saltarono sulle loro moto e scapparono via.
Geronimo fu circondato dalla gente del capo acclamandolo come un eroe, ne fu un po’ sorpreso. <<È vero… io sono un … cyborg!>>
Elrond parlò a nome di tutti: <<A noi non interessa a quale tribù appartieni… Ci hai aiutati e te ne siamo riconoscenti!>>  

 

Parte 2

 

I quattro amici avevano preso in affitto un appartamentino nella zona di Kensington Garden, in una stradina che affacciava direttamente sul parco. Le indagini occupavano gran parte della loro giornata e avevano modo di trascorrere un po’ di tempo insieme solo la sera.
Quella sera 003 e 007 erano stati i primi a rientrare. Françoise era seduta intorno al tavolo del grande salone d’ingresso, mentre Bretagna era comodamente adagiato al divano.
<<Allora, 007, quando ti deciderai a darci una mano?>>
Bretagna, lamentoso: <<Suvvia, Françoise, non essere così severa con me! Sono solo un po’ fuori forma, ma appena la situazione si sbloccherà, passerò anch’io all’azione! Ad ogni modo, dimmi: ci sono novità?>>
<<In realtà una novità c’è… oggi ho conosciuto un giovane, un certo Blade. Aveva appuntamento col dott. Erenfest. Gli ha chiesto di effettuare su di sé l’operazione per diventare cyborg.>>
Bretagna la guardò stupito: <<E me lo dici così come se nulla fosse? Gliel’hai impedito, spero!>>
<<Lasciami finire… è stato il dott. Erenfest stesso a mandarlo via … io ho visto che aveva con sé il distintivo di Scotland Yard e che aveva dato un nome falso…>>
Bretagna la interruppe:<<Tu hai visto il suo distintivo?!…>> esitò qualche secondo poi la guardò perplesso e aggiunse: <<Era carino?>>
Françoise arrossì di botto:<<Ma…ma-ma  che c’entra questo?!>>
Bretagna assunse un aria compiaciuta: <<Come pensavo… ammettilo, Françoise, era carino e gli hai fatto i raggi x!>>
<<Ma che dici! Cretino! Io ti sto parlando di una cosa seria! Voglio dire che ho scoperto che anche Scotland Yard sospetta del dott. Erenfest … e non è finita … ho scoperto Holles che frugava nello scantinato della clinica… forse ci ha trovato qualcosa di interessante…>>
007 la guardò con l’aria di chi non riusciva a seguirla: <<beh …si…forse…ma come facciamo a saperlo?>>
Françoise si alzò e non curante disse: <<spero di scoprirlo domani a cena…>>
007, strabuzzò gli occhi: <<Co-cosa?! Hai un appuntamento con lui domani a cena!? Ma… ma… ma… Françoise… tu… tu… >>
<<Che ti prende Bretagna? Perché balbetti così? Il detective Holles mi ha chiesto di uscire domani sera perché vuole delle informazioni da me, lui sa che io sono la segretaria di Erenfest e pensa che io possa essergli utile. Tutto qui.>>
Bretagna con fare da saputello: <<si si … e il fatto che tu sia una bella ragazza gli renderà il tutto più piacevole…>>
La conversazione fu interrotta dall’arrivo di Geronimo. Era visibilmente stanco e i suoi vestiti mostravano evidenti segni di lotta.
Françoise, preoccupata, disse: <<Geronimo! Tutto bene?>>
<<Si, amici, è tutto apposto, ma stasera ho dovuto battermi con dei teppisti… ma non importa, ho scoperto delle cose interessanti: pare che le persone scomparse siano più di quelle che la polizia pensa, ci sono anche alcuni ragazzi Rom di cui non è stata denunciata la scomparsa alle autorità.>>
003 e 007 si rattristarono alla notizia, i fantasmi neri erano sicuramente dietro tutte quelle sparizioni.
Mentre Geronimo stava silenziosamente andando in camera sua, Jet dall’aria piuttosto allegra entrò nell’appartamento canticchiando: <<Taràtatà ta-tà Taràtatà ta-tà tabatatà tabatatà>>
Bretagna colse l’occasione per fare lo spiritoso: <<Aiuto! Bisogna fermarlo! Uccidetelo prima che ci contagi tutti con la Jazz-mania!>>
<<Ah ah spiritoso! Stasera sono stato in un pub davvero carino, c’era pure della bella musica dal vivo! Domani, se fate i bravi, vi ci porto…>>
<<Non ti ho mai visto così allegro, che ti è successo Jet?>> disse Françoise.
Jet si mise subito sulla difensiva: <<Cosa c’è? È forse vietato divertirsi un po’ per una sera? Non ho fatto niente di male… anzi stasera ho aiutato una ragazza in metropolitana… c’erano dei tipacci…>>
<<ah-aaaaah una ragazza… eh? Scommetto che sei andato con lei nel pub “davvero carino”, non è forse così?>> disse 007, interrompendolo.
Jet non gradì il commento di Bretagna tuttavia non riuscì ad evitare di diventare rosso: <<Idiota! Che dici? Non è come pensi!>>
I tre si guardarono stupefatti. Françoise: <<Deve essere proprio una cosa seria per diventare così rosso… Jet, ti senti bene?>>
Jet si agitò ancora di più e cominciò ad alzare la voce: <<Ma cosa dici! IO NON SONO ROSSO!>> <<Ah no?>>
 <<Andate al diavolo! Io volevo solo invitarvi in questo pub…>> disse allontanandosi e sbattendo la porta della sua stanza.
<<Pfiuuu! Che furia!>>
<<Deve proprio essersi preso una bella cotta!>>
<<E già! …chi l’avrebbe mai detto: il nostro Jet è... è innamorato…>>
Jet urlò dalla sua stanza: <<Vi ho sentiti! Non sono innamorato!>> poi fece capolino dalla sua porta e disse: <<…insomma, ci venite o no, domani con me?>>
I tre si guardarono e si misero a ridere fragorosamente. Jet si arrabbiò e sbatté di nuovo la porta.  

002 , 007 e 005 erano seduti ad un tavolo del pub di May e Charles.
<<Perché 003 non è venuta?>>
<<Aveva un altro impegno…con un certo detective di Scotland Yard…>>
<<mmmh … e Joe lo sa?>>
<<Bah valli a capire quei due!>>
<<Se voi avreste sentito cosa le ha detto prima di partire! ...non mi meraviglierei se si gettasse tra le braccia del primo che le dimostra un po’ di interesse!>>
Jiuly, visibilmente contenta: <<Ciao Jet! Allora sei tornato davvero! E questi sono i tuoi amici?>>
Bretagna si alzò in piedi e disse quasi recitando: <<Molto lieto, signorina, io sono Bretagna, conte di Piccadilly, lord della corona d’Inghilterra…>>
<<...aaah lei è quello che faceva l’attore, Jet mi ha detto che non le riusciva granché a me invece sembra molto comico!>>
 Bretagna delusissimo fece una delle sue smorfie più buffe. Jet e Geronimo risero di gusto della scena.
<<E tu devi essere Geronimo! Io sono Jiuly, è un piacere per me fare la vostra conoscenza…ma… non doveva esserci anche una ragazza con voi?>>
 <<Eh si, Françoise, ma aveva già un altro impegno…>>
Françoise comparve improvvisamente: <<…ma volevo proprio conoscerti, Jiuly! Purtroppo però non posso restare!>>
<<Fa’ niente sono lieta di conoscerti! Ora devo andare, vi lascio il menù, vi consiglio però di assaggiare il chees-cake di May: è favoloso!>>
Appena Jiuly si allontanò piovvero i commenti per Jet.
<<Ma che ci troverà una ragazza carina come Jiuly in un tizio come te?!>>
<<Che vorresti dire?>>
<<Ma ti sei mai guardato allo specchio?>>
<<IO?! Ma senti chi parla! Pensi di essere Paul Newman, tu?>>
<<Non te la prendere, Jet! Bretagna voleva solo dire che Jiuly è molto carina e non devi lasciartela scappare...>> disse Françoise strizzandogli un occhio <<Ora devo andare: ho chiesto a Dylan di aspettarmi qui fuori.>>
<<Siete già al tu! Non dagli troppa confidenza, Françoise!>> 
Françoise canzonò Bretagna: <<Ssssi, papà!>>
Bretagna cominciò ad  agitandosi vistosamente: <<Scherza tu! Non fidarti degli uomini: vogliono solo approfittare delle ragazze!>>
Jet, Geronimo e Françoise si guardarono perplessi.
<< Bretagna, ora cominci a preoccuparmi! Non vorrai farmi anche da madre!!!>>
Risero tutti di Bretagna, ma quando Françoise si stava allontanando Geronimo la seguì e arrivati alla porta le disse: <<Divertiti, Françoise, ma non lasciarti ingannare da nessuno, nemmeno da te stessa!>>
Françoise gli sorrise, lo tirò per un braccio costringendolo ad abbassarsi, gli diede un bacio sulla guancia e andò via.

 

La serata al pub fu piacevole, i tre amici rimasero a lungo.
Jiuly si avvicinò al tavolo e disse: <<Vi porto un’altra pinta, ragazzi?>>
Geronimo rispose con la sua solita calma e determinazione: <<È ora di andare...>>
Jet protestò: <<No, dai! È ancora presto... >>
<<Resta tu, se vuoi, Jet. Fossi in te aspetterei l’orario di chiusura... magari potresti accompagnare a casa questa bella signorina... è stato un piacere, Jiuly! >> disse Bretagna 
<<Anche per me: spero di rivedervi! >>
<<Lo speriamo anche noi! >> Disse Bretagna strizzando l’occhio a Jet che era visibilmente in imbarazzo.

Chiuso il pub, Jet e Jiuly cominciarono a passeggiare verso casa della ragazza. Era notte fonda ma la luna illuminava con forza la loro strada.
<<È molto bella la luna stasera>> “ma che diavolo sto dicendo? Non ci credo di averle detto una simile smanceria!”
<<Effettivamente il cielo è limpido come raramente lo è qui a Londra! Ma non illudiamoci: il tempo cambia in fretta, potremmo essere avvolti dalla nebbia da un momento all’altro!>>
Jet le sorrise, ci vollero parecchi passi per fargli tirare fuori altre parole. <<E così studiavi cibernetica...>>
 <<Bio-cibernetica, come mio padre il dott. Lemming, era uno scienziato importante, sai?>>
<<Era?>>
Jiuly si intristì di colpo: <<Si, mio padre è morto: lavorava su una piattaforma sperimentale e fu ucciso da un’organizzazione criminale... Dopo la sua morte ho dovuto lasciare gli studi...>>.
Jet cercò di risollevarla scherzando: <<Non avresti mai potuto diventare uno scienziato: sei troppo bella! Gli scienziati sono tutti curvi, vecchi e dalle capigliature bizzarre! >>
Jiuly stette allo scherzo: <<E questo che doveva essere? Un complimento? Non sarai mica uno di quelli che pensano che le ragazze carine sono tutte sceme?!>>
<<Non tutte!>>
<<La tua amica Françoise è molto bella, non penserai che sia stupida?>>
<<Se conoscessi il tizio con cui sta, e sapessi come si fa trattare da lui, lo penseresti anche tu!>>
Jiuly sospirò: <<Ah, Jet, per fortuna l’amore rende tutti più scemi e cechi. Altrimenti nessuno si innamorerebbe di un tipo brutto come te! >>
Jiuly si mise a ridere mentre Jet la guardava fingendo di essere arrabbiato poi rise anche lui. Dentro di sé sentiva strani sentimenti che non provava da tempo ormai. Strani e forti sentimenti che però preferiva ignorare, era un cyborg e non poteva dimenticarlo nemmeno in quel momento. Jiuly sentì che c’era qualcosa che non andava e pensò fosse timidezza quella di Jet.
<<...E poi io non sono bella, in realtà io sono molto miope e se non avessi le lenti a contatto dovrei portare degli occhiali che mi renderebbero simile a una talpa. >>
<<Ma dai, non ci credo! >>
<<Guarda pure>>.
Jet le si avvicinò e la guardò dritta nei suoi splendidi e vivaci occhi. Ci si perse. Poi si ricordò del motivo per cui li stava guardando, ma non vedeva lenti a contatto
<<Io non vedo nient... >>
Jiuly lo baciò di colpo lasciando Jet stupefatto. Portò le dita sulle labbra:
<<Co-cosa hai fatto?>>
Jiuly, gli disse scherzando: <<Da queste parti si chiama bacio, si usa scambiarselo tra le persone che sono innamorate o quantomeno si piacciono...>>
Jet non sapeva che dire, lo aveva preso alla sprovvista, se non fosse stato un cyborg le cose sarebbero andate diversamente e se solo lei avesse saputo la verità sul suo conto sarebbe scappata a gambe levate.
Jiuly non riuscendo ad interpretare quel silenzio breve ma interminabile per lei disse: <<Non preoccuparti comunque: non lo rifarò più!>>
Jet posò le sue mani sulle sue spalle: <<Jiuly, tu... io...>>
<<Non c’è bisogno tu dica niente, Jet. Ho frainteso... pensavo che tu...>>
<<Io sono un cyborg!>>
<<Questa poi! Di tante scuse... >>
<< È la verità! >> Disse stringendole inavvertitamente le braccia.
<<Ahi! >> La lasciò immediatamente. <<Non c’è bisogno che tu mi faccia male per dimostrarmelo!>>
<<Scusa, ora mi odierai. Un cyborg non può amare né essere amato. Penserai che io sia un mostro... ma questo mostro è innamorato di te! >>
Jiuly si massaggiò le braccia: <<Certo questo proprio non me lo aspettavo! >> Fece una smorfia, un abbozzo di sorriso. << È proprio vero che le donne cercano il proprio padre negli uomini di cui si innamorano!>>
Jet, scrollò la testa: <<Non capisco!>>
<<Anche mio padre era un cyborg. È stato lo stesso un padre meraviglioso!>>
Jet la guardò incredulo.
<<Ti sbagli quando dici che un cyborg non può amare né essere amato! Lo so per certezza! >>
Jiuly accarezzò il viso ma Jet si discostò di scatto. <<A questo punto il problema non sono più io, ma tu stesso! E questo problema lo devi risolvere da solo. >> Disse e si allontanò.
Jet rifletté qualche secondo con lo sguardo basso. Quando risollevò lo sguardo si accorse di essere avvolto dalla nebbia. Jiuly era sparita in essa. 

 

Dylan aveva portato Françoise in una pizzeria al centro di Londra. Era stato molto gentile con lei, ma Françoise sentiva dentro di sé una sensazione di inadeguatezza, si sentiva fuori luogo e fuori dal tempo, come se avesse lasciato qualcosa di irrisolto dietro di se. Erano state le parole di Geronimo a risvegliare in lei certi pensieri. Dylan avvertì che c’era qualcosa che non andava e cercò di scherzare per alleggerire la serata.
<<Forse ti aspettavi qualcosa di più di una pizzeria....ma vedi io sono vegetariano oltre che squattrinato!>>
Françoise sembrò trasalire: <<Oh no, scusami, ero pensierosa... io adoro la pizza...>>
Dylan la guardò attentamente, era uno sguardo diverso da quello che aveva avuto per lei la prima volta che l’aveva vista. La prima volta quello sguardo aveva messo in imbarazzo Françoise, stavolta la stava fissando con curiosità, studiandone attentamente i gesti e le espressioni. Françoise stava per dire qualcosa ma Dylan la precedette.
<<Spiegami una cosa, Françoise, come può una ragazza all’apparenza gracile come te, riuscire a fare questo?>>
Dylan tirò fuori dalla tasca della sua giacca una barra di ferro piegata a 90° e la poggiò sul tavolo. Françoise la riconobbe subito: era la barra che aveva piegato la sera precedente per entrare nello scantinato della clinica del dott. Erenfest. Dylan l’aveva presa di sorpresa.
<<No-non sono stata io!>> disse poco convincente.
Dylan le sorrise: <<Tu sei un cyborg, vero? Accidenti! Non avrei mai pensato di... conoscerne uno!>>
Françoise non riusciva a dire nulla, Dylan l’aveva completamente spiazzata, non riusciva a fare altro che strabuzzare gli occhi. Dylan versò dell’acqua nel suo bicchiere indovinando il suo più urgente bisogno. Quando ebbe bevuto cominciò a sentirsi meglio.
<<Non preoccuparti, io voglio solo delle informazioni sul dott. Erenfest, non ti sarà fatto alcun male e ti assicuro che farò quanto è in mio potere per farti tornare “normale” quando avremo incastrato quel criminale>>
Françoise capì che Holles era sinceramente animato di buone intenzioni, ma non aveva chiara la situazione. Gli sorrise: <<Non si può tornare indietro, detective Holles!>>
Dylan fu stupito: <<Conosci la mia vera identità... allora Erenfest è sulle mie tracce...>>
Françoise scrollò il capo: <<Erenfest non sa nulla di te... io ho visto il tuo distintivo nella tasca interna della tua giacca...>>
<<Come puoi aver visto il mio distintivo nella tasca interna? E perché non l’hai riferito a Erenfest?>>
<<Io non sono al servizio di Erenfest. Dietro il dott. Erenfest c’è un organizzazione molto potente, si fanno chiamare i “Fantasmi Neri”. Sono mercanti d’armi, i più ricchi uomini d’affari della Terra, il loro scopo è quello di inventare delle macchine da guerra intelligenti e invincibili... Sono stati loro a rapirmi e trasformarmi in Cyborg, mi hanno dotata di un dispositivo di visione che mi permette di vedere oltre gli oggetti… ma noi ci siamo ribellati e li combattiamo..>>
<<Noi? Vuoi dire che ci sono altre persone come te?>>
Françoise sorrise: <<Non credi che ora tocchi a te raccontarmi come sei finito sulle tracce di Erenfest?>>
Dylan annuì: <<Sono stato incaricato da Scotland Yard di indagare sui rapimenti avvenuti in questi mesi, stavo battendo una pista alternativa: avevo intuito che il dott. Erenfest usava le persone rapite per degli esperimenti e mi sono documentato su i suoi esperimenti di Bio-cibernetica. Quando ho parlato di cyborg, il sovrintendente mi ha riso in faccia. Bloody Hell! Ma questo va ben oltre la mia immaginazione! Fortuna che il mio capo ha fiducia in me e mi ha lasciato indagare su Erenfest... il buon vecchio ispettore! Sta rischiando la pensione per me! Se sapesse!>>
Françoise allarmata da quell’ultima affermazione gli prese una mano: <<Dylan, nessuno deve sapere di noi! Le persone ci considerano mostri, non ci considerano esseri umani. Quasi tutti coloro che hanno saputo che eravamo cyborg ci hanno trattato con disprezzo...>>
Dylan lesse la sofferenza negli occhi di Françoise: << Ti assicuro che non faccio parte di quelle persone: io stento a credere che tu sia un cyborg... ma ti credo quando mi dici che molti ti tratterebbero come un mostro. Personalmente ritengo che siano queste persone i veri mostri...>>
Prese anche lui la sua mano e aggiunse: <<Non dirò a nessuno di te, hai la mia parola.>>
Il cameriere li interruppe portando loro le pizze che avevano ordinato. Françoise distaccò di colpo le mani imbarazzata e fece spazio ai piatti.
Dylan le sorrise e aggiunse impugnando coltello e forchetta: <<Spero di non averti guastato l’appetito. Queste pizze hanno un aspetto invitante!>>
Françoise sorrise, Dylan era riuscito a rassicurarla e ad allentare decisamente la tensione.
Dylan era davvero simpatico. Era una persona molto sensibile, aveva un fare molto rassicurante ed... era anche carino. A Françoise vennero in mente le parole di 007
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Bretagna assunse un aria compiaciuta: <<Come pensavo… ammettilo, Françoise, era carino e gli hai fatto i raggi x!>> Françoise: <<Ma che dici! Cretino!>>
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Françoise arrossì e sorrise. Dylan si era accorto che Françoise lo stava guardando e si accorse anche del suo rossore.
<<Io proprio non riesco a non considerarti altro che una semplice ragazza, anzi una bella ragazza!>>
Un incendio divampò sul volto di Françoise che cercò di cambiare argomento: <<A che punto sono le tue indagini?>>
<<Ad un punto morto, purtroppo. Ieri, come sai, ho fatto visita allo schedario ed ho trovato una piantina della clinica di Erenfest. Credevo di aver trovato qualcosa di interessante, ma è stato solo un altro buco nell’acqua!>> Rispose scoraggiato.
<<Cioè? Cos’è che hai trovato?>>
<<Secondo la cartina dovrebbero esserci altri due piani sotterranei ma non ho trovato né una porta nascosta né un muro che suonasse di vuoto.>>
<<Posso dare un’occhiata alla piantina?>>
<<Certo, l’ho portata a casa mia, che è qui vicino.>>

Françoise esaminò attentamente la piantina poi disse indicando una porta: <<Qui deve esserci un passaggio segreto. Con la mia supervista sarà facile trovarlo!>>
Françoise prese il suo cellulare e chiamò Bretagna.
<<007, ho trovato una pista, chiama subito 002 e 005. Facciamo una visita alla clinica del dott. Erenfest!>>
#Dovrai accontentarti di me e 005, 002 è “impegnato” stasera... non so se mi intendi...#
<<Capisco perfettamente... Allora ci vediamo tra poco alla clinica!>>
<<Vengo anch’io!>> disse Dylan non appena Françoise ebbe riagganciato
<<Dylan, può essere pericoloso per te.>>
<<Non importa, non posso certo lasciare andare una ragazza da sola fino alla clinica a quest’ora della notte! Anche la mia cavalleria riesce a considerarti solo una ragazza, una bella ragazza.>>

 

Geronimo era appena uscito dal pub dove lavorava Jiuly, si era separato da Bretagna e vagava per le strade londinesi. La sua mole gli assicurava la tranquillità necessaria a godersi quella bella serata di luna piena. Nessuno avrebbe osato mai infastidirlo. Non era certo un “animale metropolitano”, ma quella sera poco faceva caso a dove in realtà si trovasse, subissato com’era di pensieri e malinconie. Era un uomo estremamente pacifico sebbene fosse stato in passato un grande cacciatore della sua tribù. La sua tribù... gli vennero in mente le parole che Elrond della sera precedente  
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Geronimo fu un po’ sorpreso: <<È vero… io sono un … cyborg!>>
<<A noi non interessa a quale tribù appartieni… Ci hai aiutati e te ne siamo riconoscenti!>>
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Evidentemente quella gente ignorava cosa fosse un cyborg! Lo faceva sorridere il pensiero che avessero creduto che “cyborg” fosse il nome della sua tribù... la sua tribù, la sua gente gli mancava tanto. Le montagne rocciose, i torrenti che le solcavano prepotenti, le grandi vallate, gli ampi orizzonti, il cielo limpido di quei luoghi. Alzò involontariamente lo sguardo al cielo. Le luci della città gli impedivano la vista delle stelle. Scosse il capo e riabbassò lo sguardo fino a terra. In Arizona nelle notti di luna nuova riusciva a vedere miliardi di stelle. Una vecchia leggenda indiana parla del cielo notturno come di un nero manto che oscura il sole e le stelle non sono altro che piccoli buchi del nero manto della notte attraverso i quali filtra la luce del sole. “In città sono più ricchi: da noi il manto è più consunto”, pensò.
<<Ben tornato, amico Cyborg!>> gli disse una voce familiare. Geronimo rialzò finalmente lo sguardo e vide Elrond di fronte a lui. I piedi lo avevano portato di nuovo alla baraccopoli dell’east-side. I suoi pensieri lo avevano condotto a quello che più gli sembrava vicino a una antica tribù.
Fu felice di unirsi di nuovo a loro. Una nuova festa di musica e colori riempì l’aria di cordiale allegria. Quella sera rispolverò perfino il suo panflute. Erano anni che non suonava, d’altro canto erano anni che non si sentiva così.

<<Elrond, c’è anche un altro motivo per cui sono qui...>> Elrond lo guardò con curiosità, Geronimo proseguì: <<Ho paura di avervi messo nei guai l’altra sera... Quei teppisti torneranno.>>
<<Lo so>> disse sorridendo.
Geronimo non capiva come faceva ad essere così tranquillo.
<<Non devi meravigliarti, amico Cyborg, e non è colpa tua: quei tipi vengono qui spesso. Si divertono a seminare il panico tra la mia gente...L’altra sera hanno avuto finalmente ciò che meritavano... ma non te ne preoccupare, stasera pensa solo a divertirti!>> 

Come invocati da cattivi auspici, il cupo rumore delle potenti moto interruppe quella festa. Stranamente quella volta le moto non puntarono verso il centro del campo come era loro solito, ma si limitarono a girargli intorno come in una specie di danza. I motociclisti si disposero a cerchio puntando i loro fari verso il centro del campo. La faccenda non prometteva niente di buono. Geronimo si alzò lentamente in piedi sentendosi chiamare direttamente in causa. A quel punto si alzarono urla di acclamazione come se i motociclisti fossero divertiti dalla scena e nello stesso tempo eccitati dallo spettacolo di quella montagna umana. Il cenno del braccio di uno di loro fece calare il silenzio tra i motociclisti. Prese la parola divertendosi a stuzzicare Geronimo
<<Ma bene, bene! Abbiamo il piacere di rivedere il nostro amico cyborg! Stavolta il piacere sarà tutto nostro: il piacere di vederti fatto a pezzi!>> disse poi sibillino rivolgendosi ad uno di loro: <<Ehi, Spittle, “sciogli il cane”!>>
Altre urla accompagnarono la comparsa di un’enorme figura. I fari puntati alle spalle ne rivelarono solo i contorni. Barcollante la figura si portò al centro del campo e la luce ne illuminò il volto.
<<Juri! Figlio mio!>> urlò Elrond pieno di gioia nel rivedere il figlio.
Lo sguardo spento di Juri insospettì Geronimo e stupì il padre.
<<Juri... figlio mio, che ti succede?>> disse l’uomo avvicinandosi a lui, ma quando provò a sfioralo, Juri spalancò di colpo il braccio scaraventando Elrond a terra ad alcuni metri di distanza.
Geronimo capì che Juri era stato trasformato in cyborg e privato della sua volontà. Juri puntò un dito contro di lui. Era la sua sfida. Geronimo non voleva combattere con lui ma Misha si diresse verso il fratello che ebbe per lui lo stesso riguardo che aveva avuto per il padre. Misha fu scaraventato a terra e perse i sensi. Geronimo capì che era giunto il momento di agire. Juri si scaraventò contro di lui con tutta la sua forza. Geronimo parò il colpo con le mani e sferrò un pugno all’addome di Juri. Le sadiche urla di incitamento dei motociclisti si fecero più alte mentre la gente del campo assisteva attonita alla scena. Juri sferrò un pugno al volto di 005 poi prese la sua testa tra le mani e la spinse verso il basso facendola scontrare con il suo ginocchio. Geronimo fu atterrato dal colpo ma cercò di rialzarsi. Juri lo colpì con un calcio quando era ancora a carponi. Si avvicinò di nuovo per colpirlo ma Geronimo lo prese per la caviglia facendolo cadere a terra. Sedette su di lui colpendolo più volte al volto ma Juri lo allontanò con un calcio. Geronimo lo afferrò da dietro alla vita e al collo immobilizzandolo. Fu allora che Juri emise dei raggi laser dai suoi occhi che puntavano verso il campo. Alcune roulotte esplosero mettendo la gente in fuga. Geronimo non aveva più scelta, doveva fermarlo immediatamente. Strinse la sua presa fino a fare esplodere il suo avversario.
Il silenzio scese improvviso. Il motociclista che aveva introdotto Juri irruppe in quel silenzio ordinando ai suoi di darsela a gambe. Geronimo però lo inseguì e lo afferrò. Lo prese per il collo e sollevò il braccio facendogli perdere il contatto con il terreno.
<<Dove avete trovato quel ragazzo? Chi lo ha trasformato in cyborg? Dimmelo!>> Disse Geronimo scuotendolo.
<<No- non lo so, amico! Io non centro! Era già così quando lo abbiamo comprato!>>
A Geronimo non piacque quella risposta: <<Comprato? Da chi? Rispondi!>>
<<So-sono quelli che ci procurano le armi... noi compriamo da loro le pistole e i fucili, ma non gli chiediamo certo da dove le prendono... capisci, amico, non conviene fare domande con certa gente...>>
Geronimo strinse più forte la sua presa: <<Non sono tuo amico! Dovrei ucciderti...>>
<<No, ti prego, non uccidermi... coff... coff...>>
Geronimo mollò la presa: <<Va’ via! E non farti più rivedere!>>
 Il tizio scappò a gambe levate e i motociclisti non tornarono più al campo.
Geronimo si voltò verso il campo, Elrond aveva ripreso i sensi giusto al momento per vedere suo figlio esplodere tra le braccia di Geronimo. Era in ginocchio e teneva tra le mani degli stracci, ultimi resti dell’abito del giovane Juri. Geronimo gli si avvicinò silenzioso.
<<Va’ via...>> Elrond disse lui risoluto senza nemmeno guardarlo.
Geronimo abbassò la testa e incurante delle sue ferite si trascinò via da quel campo. In cuor suo maledisse un’altra volta ancora i Fantasmi Neri.

 

Parte 3

 

<<E questo che ci fa qui?>> chiese ostile Bretagna indicando Dylan.
<<Ha insistito per darci una mano... sa tutto, Bretagna... intendo di noi...>> rispose Françoise.
<<Come sarebbe a dire sa tutto di noi? Che gli hai detto?>>
Bretagna era più stupito che mai: Françoise aveva uno strano atteggiamento nei confronti di quell’uomo, non poteva credere che fosse già così intima con lui da avergli rivelato il loro segreto!
“Ma che diavolo le avrà detto quell’idiota di Joe!” pensò tra sé.
<<Non abbiamo tempo ora per le spiegazioni, dobbiamo entrare in azione!>> intervenne Geronimo.
003 e 007 annuirono decisi.
<<Dobbiamo entrare nei sotterranei, secondo questa pianta ci dovrebbero essere tre piani sotto il livello della strada anziché uno... potrebbero essere lì  i loro laboratori>> spiegò loro Dylan.
<<Ci penso io!>> disse Geronimo che con un pugno fece breccia nel muro di cinta della clinica.
Dylan restò impressionato dall’enorme forza di quell’uomo che aveva di fronte. <<Giuda ballerino!>> gli scappò.
<<E non hai conosciuto 009! È ancora più forte: potrebbe torcerti il collo usando solo due dita...>> disse Bretagna con una sottile vena sarcastica, che Dylan non poteva cogliere, a differenza di 003.
<<007, piantala!>> disse nervosamente 003.
<<Cosa ho detto?>> rispose con aria falsamente innocente.
003 non rispose e si limitò a fargli un’occhiata che gli facesse capire di proseguire senza ulteriori interruzioni.
Entrarono con facilità nel sotterraneo dove la sera precedente Dylan aveva trovato la pianta della clinica e si diressero verso la fine del corridoio, dove, secondo la pianta, avrebbero dovuto trovare delle scale per scendere ai piani inferiori.
Si trovarono di fronte a un vicolo cieco. Dylan provò a battere dei colpi sulle pareti cercando un punto in cui risuonasse di vuoto. <<Sembra che non ci sia nessun passaggio.>> disse sentendo che i suoi colpi venivano completamente assorbiti dalle pareti.
<<Hanno fatto le cose per bene, eh? Un bel muro spesso...>> disse 007 constatando la stessa cosa.
<<Dimmi dove devo sfondare 003!>> disse Geronimo.
003 scosse la testa. <<Qui non c’è alcun sotterraneo segreto!>>
<<Come è possibile? Avranno usato uno scudo che non ti permette di vedere oltre...>> disse 007.
<<No, riesco a vedere perfettamente dietro queste mura e non c’è alcun passaggio, solo terra!>>

 

Una settimana dopo.

Françoise indossò il cappotto velocemente e infilò i guanti, si avvicinò alla porta con il fare di chi avrebbe preferito non incontrare nessuno.
<<Vai di nuovo a casa di quel tipo?>> Bretagna la sorprese.
Françoise si fermò lasciando una mano sulla maniglia della porta, rifletté su cosa rispondere ma non disse nulla.
<<Non devi mica giustificarti! Se vuoi uscire con un altro non devi certo dare spiegazioni a me, solo che... siamo in missione, non vorrei che te ne scordassi.>>
Françoise si voltò con l’aria di chi aveva voglia di dare sfogo ai suoi tormenti. <<Chiariamo una cosa una volta per tutte. Io non esco con nessun ALTRO! Intendo nessun altro a parte Dylan! Anzi neanche con lui ci esco, non nel senso che intendi tu! Io NON ho un ragazzo! NON ho una vita mia! Ma vorrei tanto averla! Vorrei tanto non sentirmi altro che un mezzo robot! Ma a quanto pare non posso fare a meno di inciampare in IDIOTI che me lo stiano a ricordare ogni cinque minuti!>> Prese fiato approfittando del fatto che Bretagna era rimasto a bocca aperta per il suo tono alterato e per nulla “sopra le righe”, e aggiunse: <<Vado da Dylan, sì! Ci vado perché lì sto bene! Non mi tratta come un robot e non mi dice di ... ma che ti sto a raccontare?! Tu sei come lui! Non capisci niente! NIENTE!>>
Dette queste parole sbattè la porta e andò via.
<<Aspetta! Françoise!>> Bretagna ebbe la sensazione di aver toccato un tasto dolente e ne fu sinceramente dispiaciuto, ma non se la sentì di andare dietro a quella furia.
<<Lasciala stare, Bretagna, ha bisogno di schiarirsi un po’ le idee. Lo capirà da sola che non può esserci futuro tra noi e un normale essere umano!>> disse Jet che era appena uscito dalla sua stanza e si dirigeva verso la cucina.
<<Non può esserci futuro tra noi e un normale essere umano!>> ripeté incredulo. <<Ma che assurdità vai blaterando, Jet!>>
Jet si fermò e guardò l’amico fisso negli occhi: <<Noi cyborg non possiamo amare nessuno! Non siamo delle persone comuni con sentimenti ed emozioni... non possiamo permetterci simili errori...>> distolse lo sguardo e aprì il frigorifero aggiungendo: <<Joe ha ragione!>>
<<JOE HA RAGIONE!?>> urlò incredulo Bretagna <<Non dirmi che è questo quello che le ha detto!>>
<<Più o meno... e le ha anche detto di non amarla e di dimenticare quello che era successo in America... io non volevo origliare, mi è capitato di sentire la loro discussione... dev’essere successo qualcosa tra quei due quando sono andati in America a cercare il padre di Joe... e devono essersene pentiti amaramente!>> disse Jet senza distogliere lo sguardo dal frigo. Non aveva ancora preso nulla, sembrava cercarci qualcosa che non riusciva a trovare.
<<Bontà Divina! Ma siete impazziti tutti? E volete fare impazzire anche me?! E quella povera ragazza! Ora capisco quella sfuriata!>> Bretagna scrollò la testa <<Non hai sentimenti tu, eh? Non hai tormenti, no eh? E allora rispondi a questa domanda: cosa diavolo cerchi in questo maledetto frigorifero!?>>
Jet lo guardò perplesso come se si stesse accorgendo solo in quel momento di aver aperto il frigo. <<Cosa c’entra questo?>>
<<C’entra eccome! I bei discorsi di quell’idiota, che non sa nemmeno lui cosa vuole, hanno trovato terreno fertile in te. Ora nemmeno tu sai quello che vuoi!>> Bretagna vide Jet rattristarsi profondamente e rincarò la dose: <<O no? Tu lo sai e come! Solo che non hai il coraggio di affrontare i tuoi sentimenti! Che fine ha fatto Jiuly? L’hai lasciata andare via come ha fatto il tuo amichetto con Françoise! Non vedi che conseguenze hanno certe cose!>> disse indicandogli la porta da cui era appena uscita Françoise. Bretagna lo mandò al diavolo con un gesto della mano e andò via. 

Jet si voltò a guardare la porta, provò una profonda rabbia dentro di sé.
Non ce l’aveva con Bretagna, non ce l’aveva con lui per quello che gli aveva appena detto. Non ce l’aveva neanche con Joe, infondo aveva sempre condiviso quel punto di vista. Con chi ce l’aveva allora? Perché si sentiva così arrabbiato? Perché si sentiva così impotente?
Guardò ancora una volta nel frigo.
Una mano forte si appoggiò sulla sua spalla.
<<È finito il tempo di cercare risposte. È ora di trovare delle soluzioni!>> furono le parole di Geronimo.
Una molla gli scattò dentro, infilò il suo giubbotto di pelle e uscì di corsa.

Jet non aveva il coraggio di entrare nel pub e decise di rimanere fuori ad aspettare la chiusura. Aveva intenzione di sfruttare quel tempo per schiarirsi le idee.
Perché si sentiva così irrequieto? Forse perché in fondo ce l’aveva con se stesso... ma perché? Forse perché era stato il carnefice di sé stesso, l’autore delle sue torture. Cosa l’aveva portato là? Voleva vederla! Non poteva farne a meno! Avrebbe veramente potuto amarla? Probabilmente lo stava già facendo... E lei sarebbe stata ancora disposta a stare con uno come lui? Ma perché le aveva detto di essere un cyborg? E cosa avrebbe potuto fare altrimenti? E se lo amasse comunque? Cosa sarebbe successo dopo?
“Chissenefrega!” Pensò.
Aveva voglia di vivere quel momento e basta, senza pensare alle conseguenze! Gli sembrava incredibile che il suo cuore stesse pulsando così velocemente. Era un cuore artificiale, mica uno umano! Eppure il ritmo era aumentato al solo pensiero che a breve avrebbe rivisto Jiuly. Rise di sé. E di quell’idiota di Joe! Chissà quando la sua testardaggine gli avrebbe consentito di comportarsi come il suo cuore gli dettava. Scosse la testa e prese a calci una lattina che colpì un mucchio di spazzatura facendo scappare dei gatti che erano lì in cerca di cibo. Sghignazzò ancora, si sentiva più leggero e riusciva a ridere della scena.

<<Finalmente!>>
<<Anche per oggi è andata! Che fatica!>>
Jet riconobbe le voci di May e Charles che stavano chiudendo il pub.
Ma dov’era Jiuly? Possibile che fosse andata via e lui non se fosse accorto?!
<<Guarda un po’ chi si vede!>> disse Charles accorgendosi di Jet che si era avvicinato.
<<Smuff! Arrivi un po’ tardi, ragazzo mio! Jiuly se ne è andata!>> aggiunse May con una palata di sarcasmo.
Jet rimase sbigottito e ammutolito.
<<May! Non essere così acida con Jet! Dopotutto se è qui, vorrà pur dire qualcosa, no?>> disse Charles facendo l’occhiolino a Jet.
<<Sei qui per Jiuly?>> chiese May a Jet con aria diffidente.
<<Si... >>
<<Ma non è più qui! È andata via! Te la sei lasciata scappare, ragazzo mio! Ormai è tardi! Sorry!>> disse un po’ sadica May alzando le spalle e avviandosi verso casa.
<<Come “andata via”? Dov’è andata?>> chiese Jet sconcertato.
<<Suvvia May, ti sei divertita abbastanza!>> disse Charles.
May sbuffò: <<E va bene...  Jiuly ha accettato una borsa di studi. Un amico del padre le ha consentito di proseguire i suoi studi in crio-ciber-come-cavolo-si-chiama ...>> <<Cibernetica, bio-cibernetica! Non crio-cibernetica!>> precisò Charles <<Insomma si è trasferita qui, ma  è ancora a Londra!>> aggiunse estraendo dalla tasca un pezzo di carta con su scritto un indirizzo.
<<Grazie Charles! Grazie May!>> disse scappando via.
<<Non farla soffrire o dovrai vedertela con me! Intesi?>> gli urlò dietro May.
<<Non preoccuparti, May, Jiuly è una ragazza in gamba. Non è certo il tipo che si lascia mettere i piedi in testa da uno Yankee!>>
<<Non lo so, Charles, ma... ho come... un brutto presentimento...>>

“ Towling street, 17. Dovrebbe essere il prossimo.” Jet si avvicinò all’enorme costruzione rimanendone sorpreso. “Questa costruzione ha un’aria familiare... Dov’è che l’ho già vista?” Un lampo gli attraversò gli occhi. “No! Non è possibile!” Si sollevò in volo per guardare la costruzione dall’alto e si rese conto che la pianta di quell’edificio corrispondeva a quella della clinica del dott. Erenfest. Atterrò all’interno del giardino che circondava l’edificio con già indosso la sua rossa divisa e con la pistola in pugno. Si avvicinò all’ingresso principale dove scorse sulla targa la scritta “B.G. Corporation Laboratory”. <<No! Non può essere vero!>> abbassò la sua pistola cercando in se una spiegazione plausibile quando gli tornarono alla mente la parole di Jiuly...
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Jet le sorrise, ci vollero parecchi passi per fargli tirare fuori altre parole. <<E così studiavi cibernetica...>>
 <<Bio-cibernetica, come mio padre il dott. Lemming, era uno scienziato importante, sai?>>
<<Era?>>
Jiuly si intristì di colpo: <<Si, mio padre è morto: lavorava su una piattaforma sperimentale e fu ucciso da un’organizzazione criminale...
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<<Ora ricordo! Lemming era quel pazzo che tentò di farci il lavaggio del cervello!>>
STOCK
Un colpo secco colpì Jet alle spalle facendogli perdere i sensi.

 

Sulla sommità del burrone il vento soffiava forte portandogli mille racconti di terre lontane. Da lassù l’orizzonte era sconfinato, sfumato, quasi indefinito tra terra e cielo. A nord poteva scorgere l’altopiano del Colorado ed a est la maestosità delle montagne rocciose. Ai suoi piedi il Gila scorreva solcando prepotentemente il fianco della montagna. Era autunno e l’aria stessa ne dava il primo segnale.
Discese da quell’altura seguendo un vecchio sentiero battuto da avi del suo popolo molto tempo prima di lui. Attraversò una vegetazione rara per quella terra arida e ostile, fino a giungere ad un’enorme vallata. Il suo popolo era accampato lì da quando i bianchi li avevano spinti fino a quell’estremo confine di verde oltre il quale v’era solo deserto.
Tra le tende dell’accampamento c’era grande agitazione: gli uomini erano ancora in sella ai loro cavalli, di ritorno dalla caccia portavano le loro prede all’accampamento. Di lì a poco ci sarebbe stato un gran daffare: occorreva conciare le pelli, che sarebbero servite nelle gelide notti dell’inverno continentale, e essiccare la carne per farne provvista.
Geronimo si avvicinò lentamente al campo in sella al suo robusto cavallo.
Scese da cavallo quando fu vicino alla prima tenda, una giovane donna con un grembiule da cameriera gli si avvicinò. Le porse le sue prede ed ella fece per ringraziarlo: <<Grazie Geronimo, non c’era più rimasto niente in frigo... solo domande, senza risposte...>>
In un angolo del campo alcuni Rom danzavano davanti ad un fuoco acceso. Elrond fumava il calumé della pace seduto con “Delfino nero”, “Talpa” e “Camaleonte che ride”.
“Dio della morte” e “Lampo che corre” gli si avvicinarono.
<<Geronimo, il “Gran capo” vuole parlare con te: lo “Sciamano” ha fatto un sogno e qualcuno sarà in pericolo stanotte>> gli disse il primo.
Geronimo si diresse verso la tenda del “Gran capo”, ma “Lampo che corre” richiamò di nuovo la sua attenzione. <<Dov’è “Occhi di cielo”? Sta bene, vero, Geronimo?>>
Geronimo sorrise come solo lui sapeva fare.
<<Dovresti averne più cura, tillikum!>>
Geronimo aprì la tenda del “Gran capo” ed entrò nel laboratorio del dottor Gilmore.
<<Ti stavo aspettando, lo “Sciamano” sta facendo un sogno inquieto, che tu solo puoi sentire. Fai attenzione. Non dubitare al risveglio di ciò che ti sta per essere rivelato>>
Il pianto di un neonato si fece insistente e sempre più forte.
La voce dello “Sciamano” interruppe quel pianto: << ”Uccello guerriero” è stato catturato dal nemico. Ha bisogno del vostro aiuto il più presto possibile. È prigioniero nei laboratori di Erenfest. Eccoti la mappa per trovarli.>>
Geronimo sembrò essere inghiottito da una sorta di cartina stradale, c’erano tante strade senza nome ad eccezione di una: Towling street. Si ritrovò alla periferia sud di Londra di fronte un’enorme costruzione, sembrava identica alla clinica di Erenfest fatta eccezione per il giardino al centro del quale vi era un grande salice.
Lo sciamano riprese a parlare: <<Mi sono introdotto nel tuo sogno ma il tempo a mia disposizione sta per scadere. E ora svegliati, Geronimo! Svegliati! Svegliati! Svegliadrin! SvegliaDRIIIIN!>>
DRIIIIN...    DRIIIIN...    DRIIIIN...
Geronimo riaprì gli occhi nel suo letto. Il telefono stava squillando.
Si apprestò a rispondere. Dall’altro capo del telefono una voce amica gli stava parlando.
<<Pronto? Geronimo! Ci sei?>>
<<Sì, Joe. Ci sono>>
<<Era ora che rispondeste! Il dottor Gilmore vuole parlare con te>>
<<Va bene, passamelo>>
<<Si...>> Joe esitò qualche minuto.
<<Vuoi dirmi qualcosa, Joe?>>
<<Volevo ... volevo solo sapere se... >>
<<Se?>>
<<Se ... insomma ... tutto bene lì? È molto che non vi sento... >>
Geronimo sospirò, <<Si, Joe, sta bene, almeno fisicamente... anche se è un bel po’ inquieta da qualche tempo...>>
Joe calò in un silenzio che rivelava tutta la sua colpevolezza.
<<Dille...>>
Geronimo rimase in ascolto.
<<... niente, non dirle niente... Solo... abbi cura di lei, Geronimo... ora ti passo il dottor Gilmore>>
Passarono pochi attimi di silenzio dopodiché Geronimo sentì Gilmore al telefono.
<<005, sono preoccupato: 001 si sta agitando  parecchio nel sonno. Si è addormentato solo da poche ore e dubito che riuscirebbe a svegliarsi nemmeno se volesse. Lì va tutto bene? 007, 003 e 002 sono lì con te?>>
<<Mmmmh... credo di sapere cosa è successo, 001 mi ha trasmesso un sogno telepatico. Si agitava perché eravamo in contatto. 002 è stato catturato, ma so dove l’hanno portato. Andiamo a riprendercelo!>>

 

 <<Accidenti! Non si cava un ragno dal buco!>> esclamò nervosamente Françoise gettando la penna che aveva tra le mani sul tavolo.
Erano giorni che cercava qualche indizio dai documenti che Dylan aveva sottratto alla clinica Erenfest.
<<Nervosetta stasera, eh? Mi sa che dovevo prepararti una camomilla invece del tè!>> disse Dylan entrando nel suo piccolo salotto portando un vassoio con due tazze fumanti. Sedette sulla poltrona affianco a lei e le porse la sua tazza sorridendo dolcemente.
Françoise ricambiò quel sorriso. << Scusami, sono un po’ nervosa... Non riesco a trovare nulla che possa esserci d’aiuto! Non abbiamo prove che Erenfest sia collegato ai Fantasmi Neri... e da quando Geronimo mi ha raccontato di quel povero ragazzo Rom, rapito e venduto come un robot, un’arma qualunque... ho ancora più fretta di incastrare quel dannato! Non si limitano più a trasformare le persone rapite in cyborg, come hanno fatto con me e i miei amici, ora ne sopprimono completamente la volontà... ne fanno un vero robot, ma dall’intelligenza umana! Perfetto per i loro scopi!>>
<<Eppure c’è Erenfest dietro tutto questo, lo so, lo sento! E la telefonata dell’ispettore di stamattina non ha fatto altro che confermarmi questa ipotesi!>>
Françoise lo guardò con aria interrogativa. Dylan le raccontò che l’ispettore, capo del suo dipartimento, gli aveva telefonato quella mattina per dirgli di essere stato esonerato da quell’incarico. <<Ha ricevuto pressioni dal sovrintendente, Erenfest è una persona molto potente... evidentemente si è informato sul mio conto e ha scoperto che sono un detective di Scotland Yard...>>
<<Non vorrai abbandonare le indagini?!>> disse un po’ sorpresa Françoise
Dylan le sorrise: <<Ti dispiacerebbe?>>
Françoise restò interdetta da quella domanda, capiva benissimo cosa in realtà le stava chiedendo Dylan, ma ne era sorpresa: sapeva chi-cosa lei fosse e questo non lo fermava...
Françoise tardava rispondere.
<<Comunque non mollerò proprio adesso! Questa settimana sono scomparsi altri due ragazzi. So cosa succederà a quelle persone e non ho nessuna intenzione di abbandonarle al loro destino!>>
Sorseggiarono il loro tè fino a finirlo.
<<Mi piace il vostro tè! Non c’è che dire: il tè inglese è il migliore!>>
<<Il che, detto da una francese, è un vero complimento!>>
Risero entrambi. <<Ti va se metto un po’ di musica?>> disse Dylan.
<<Sì, dai! Ho proprio voglia di un po’ di musica... è così raro per me trovare qualcuno cha abbia i miei stessi gusti in fatto di musica!>>
<<A chi lo dici! Ascolta questo brano: è il mio preferito!>> disse Dylan accendendo lo stereo
 “Il trillo del diavolo” riempì la stanza. Françoise si sentì rapita da quella musica e chiuse gli occhi. D’un tratto si sentì prendere per la mano, Dylan la stava invitando ad alzarsi.
<<Vorrei vederti danzare!>>
Françoise si ritrasse <<Non posso... non ho le scarpe... il vestito adatto...>>
<<Questa è una vera cattiveria!>> le disse guardandola negli occhi.
<<Lo farei volentieri ma con queste scarpe non...>>la interruppe mettendole un dito sulle labbra.
<<Non mi riferivo a quello...>> le accarezzò il viso<<Sei così bella! E così dolce! Perfino spiritosa, nonostante tu sia francese! È fin troppo facile per me innamorarmi di te!>> esitò qualche istante durante il quale Françoise sentì il suo cuore accelerare improvvisamente <<Ma tu, tu Françoise, puoi innamorarti di me? Un cyborg ha sentimenti e desideri come quelli di un uomo qualunque?>>
Françoise si allontanò bruscamente e si voltò dandogli le spalle.
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Joe la guardò dritto negli occhi <<Noi siamo dei cyborg, Françoise, non abbiamo sentimenti e desideri come uomini qualunque!>>
 <<Non ti credo! Io so che non è vero!>> gli rispose in lacrime. <<Lo so perché io ti amo, Joe! E anche tu mi ami! L’ho capito quella sera in America!>>
<<Dimentica quello che è successo, Françoise, è stato un errore! Non possiamo permetterci certi sentimenti, potrebbero esserci fatali!>> le disse Joe scuotendola.
<<No, non è vero! Non è stato un errore!>> disse singhiozzando.
Joe scosse la testa, Françoise non riusciva a capire: <<Io non ti amo, Françoise! Mi dispiace!>>
Joe voltò le spalle e si allontanò.
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<<No, Dylan, noi cyborg non abbiamo sentimenti e desideri come uomini qualunque!>>
Dylan non si aspettava quella risposta, la raggiunse nell’angolo in cui si era rifugiata e le afferrò entrambe le braccia facendola voltare verso di lui e scoprì che il suo viso era rigato dalle lacrime.
<<No... non ti credo, Françoise! E i tuoi occhi me lo dimostrano...>>
A Françoise sembrò che una diga cedesse e che i pensieri, che la stavano tormentando da quando aveva avuto quella discussione con Joe prima di partire, traboccassero dalla sua mente e potessero finalmente trasformarsi in parole <<I miei occhi? I miei occhi contengono una lente speciale che mi consente uno zoom 500x nonché un rivelatore ad alta sensibilità con una banda passante che va dai raggi x all’infrarosso!>>
Dylan capì che Françoise aveva bisogno di sfogarsi e lasciò che finisse.
<<Le mie orecchie sono dotate di un dispositivo sonar che mi consente di sentire quello che stanno dicendo i tuoi vicini dell’ultimo piano!>> Si scoprì le braccia mostrandogliele <<La mia struttura scheletrica è in una lega d’acciaio che mi consente di sopportare sforzi superiori a quelli di un uomo comune. Persino il mio cuore è un cuore artificiale, non un cuore umano... mi resta poco di umano...>>
<<Tra cui questa tua tristezza, la tua paura, la tua rabbia! Anche adesso che mi hai fatto un’analisi dettagliata del tuo corpo, io non ti credo quando dici di non avere sentimenti e desideri come i miei!>>
Françoise scrollò la testa senza smettere di piangere. Dylan l’afferrò per un braccio e la trascinò in camera da letto di fronte ad un grande specchio. Le stava dietro trattenendola per le braccia e teneva  la testa appoggiata alla sua in modo che avessero la stessa visuale.
<<Dimmi, Françoise, cosa vedi? E non dirmi che vedi un robot, perché non ti credo, lo so che non puoi vedere i tuoi circuiti!>>
Françoise face una smorfia, un sorriso sapore molto amaro: <<Dylan, tu hai capito che non posso guardarmi dentro attraverso lo specchio; se usassi i miei poteri, riuscirei a guardare dietro lo specchio, ma non posso guardare dentro un’immagine virtuale come quella riflessa da uno specchio!>>
<<Non hai risposto, cosa vedi?>>
Françoise non rispondeva.
<<Te lo dico io: vedi una donna. E dimmi: cosa senti di essere, cosa senti dentro di te?>>
Françoise si liberò dalla sua stretta voltandosi verso di lui. Continuava a singhiozzare mentre lo guardò negli occhi dicendogli: <<Non lo so! Non lo so! Tu non capisci! Per te è facile! Io non so chi sono! Non so COSA sono! La mia mente è assillata da mille dubbi!>>
Dylan la strinse a sé, forte, accarezzandole la testa. Le baciò la fronte e poi gli occhi per asciugarle le lacrime. Françoise lo guardò negli occhi muta, alla ricerca disperata di un qualcosa che le confermasse che dentro di sé era una donna vera e non un semplice robot. Fu allora che Dylan la baciò. La sollevò prendendola in braccio e l’adagiò sul letto.
<<Lasciami sciogliere i tuoi dubbi. Resta con me stanotte e domattina avrai spazzato via ogni brutto pensiero.>> le sussurrò.
Dylan riprese a baciarla con passione. La sua mano accarezzò le sue forme di donna sbottonando la sua camicia.
Françoise si lasciò andare in quell’abbraccio.

 

Parte 4

 

Jet riaprì lentamente gli occhi al risuonare di alcune voci.. Sembravano discutere ma non  riusciva a distinguere cosa dicessero. Pian piano la vista divenne più nitida e vide di fronte a lui una massiccia porta con una piccola fessura sbarrata da cui filtrava la luce. Scosse la testa per cercare di riprendersi, ma una forte fitta tra spalla e collo gli ricordò di essere stato colpito. Provò a muoversi ma si rese conto di essere stato incatenato alla parete; puntò i piedi per rialzarsi, si sentiva stordito ma almeno riusciva a reggersi in piedi.
“Maledizione! Dove sono?” pensò.
Poi ricordò di essere andato alla ricerca di Jiuly e di aver trovato il fantasma nero.
<<Voglio vederlo!>> sentì dire da una voce familiare, dietro la porta.
Le voci si fecero più nitide.
<<Mia cara, non è il caso che tu lo veda>> disse un uomo.
<<Insisto! Voglio vedere in faccia uno degli assassini di mio padre!>>
La voce di quella ragazza era decisamente familiare... sì: era Jiuly! Ricordò il suo nome per intero: Jiuly Lemming. Era stata lei stessa a dirglielo quando si era conosciuti. Jiuly Lemming, la figlia di quel pazzo che aveva rapito un’intera nave da crociera per poi sottoporre i suoi passeggeri al lavaggio del cervello.
<<... E va bene, cara, ma ti avviso: quelli della sua razza sono subdoli e crudeli... Potrebbe farti del male!>>
La porta si aprì ed Ehrenfest entrò precedendo Jiuly e alcune guardie.
<<Mia cara, ti presento 002, uno degli assassini di tuo padre>>
Jiuly guardò quell’uomo incatenato che lentamente risollevò il volto.
<<Jet!>> disse sbigottita.
<<In persona!>> rispose cinico.
Ehrenfest fu colto di sorpresa: <<Lo conosci?>>
<<Si... lui mi ha aiutata una sera in metropolitana... ero in difficoltà... con dei tipacci... non capisco...>> Jiuly sembrava sinceramente frastornata.
<<Nulla di più semplice, mia cara. Evidentemente era tutto combinato! Sarà stato lui stesso a pagare quei tipi...>> rispose Ehrenfest.
<<Che diavolo vai blaterando, pezzo di merda!>> replicò Jet <<Se avessi saputo che anche tu facevi parte del fantasma nero t’avrei lasciata in mano a quei delinquenti!...Aaaah>>
Una delle guardie che era entrata con loro, lo colpì.
<<Jiuly, cara, t’avevo detto che non era consigliabile che tu avessi a che fare con una carogna del genere ... andiamo via... >> disse Ehrenfest indicandole la porta.
<<Ha ragione dott. Ehrenfest. Mi sono lasciata ingannare da questo tipo... evidentemente era interessato agli appunti di mio padre...>> Jiuly si avvicinò a Jet per guardarlo bene in faccia. Il suo sguardo era pieno di disprezzo ma anche di tristezza.
<<Ingannare, dici? Sono io che mi son lasciato abbindolare da te e dai tuoi bei discorsi! ... mi avevi quasi convinto, sai? ... Lo usi bene quel bel visino>> disse sprezzante Jet.
<<Hai anche il coraggio di fingere?! Tu! L’assassino di mio padre! Non credevo che al mondo esistessero persone così meschine!>>
<<Io sarei meschino?! E voi che rapite gente per farle il lavaggio del cervello e trasformarle in cyborg? Ci avete privati della nostra giovinezza! Delle nostre speranze! Del nostro futuro!... Aaaaah!>> riuscì a dire prima di essere colpito di nuovo.
<<Ma di cosa stai parlando?!>> disse Jiuly, gesticolando irritata.
Ehrenfest si vide costretto ad intervenire: <<Non dargli ascolto, Jiuly! Questi maledetti assassini sono molto abili a manipolare le persone. Da quando sono stati trasformati in cyborg si sentono dei semi-dei. Forti dei loro poteri, ostacolano le nostre ricerche. Il loro scopo è impedire che altre persone vengano trasformate in cyborg in modo da poter essere gli unici ad avvantaggiarsi di questa tecnologia. È per questo che hanno distrutto diversi laboratori e ucciso molti eminenti scienziati, come tuo padre!>> 
<<Ma cosa dici, scienziato dei miei stivali?! Noi siamo stati rapiti e trasformati! Nessuno vi ha chiesto niente! Maledetti!>>
Jiuly rimase in silenzio ma il suo volto era carico d’odio. <<Schifoso assassino! Meriteresti di morire!>> urlò.
Ehrenfest sogghignò. Estrasse una pistola: <<Puoi farlo se vuoi. Puoi ucciderlo con le tue stesse mani. Le autorità ci hanno ordinato di sopprimerlo. Se vuoi puoi farlo tu.>> Aprì il palmo della mano di Jiuly e vi pose la pistola.
Jiuly la guardò come se fosse stata la prima volta che ne vedesse una. Poi lentamente la strinse in entrambe le mani e si ritrovò a puntare la pistola contro Jet.
Le tornò alla mente quella notte di luna piena in cui lo aveva baciato. L’aveva ingannata...
<<Tu hai ucciso mio padre>> non era una domanda e Jet non negò: <<Tuo padre era un pazzo che costringeva le persone a commettere delitti atroci con il lavaggio del cervello... ha usato anche dei bambini, sapendo che non avremmo mai alzato un dito contro di loro... proprio come ora Ehrenfest rapisce i ragazzi per le strade di Londra... i giornali di tutto il mondo ne parlano!>>
Jiuly esitò: era vero, c’erano state numerose sparizioni a Londra in quei mesi.... ma che c’entrava? Abbassò senza accorgersene la guardia nel riflettere su quelle parole. Ehrenfest le rialzò il polso ripuntando la pistola contro Jet.
<<I volontari che oggi reclutiamo sono molto diversi dagli uomini reclutati per costituire la squadra dei cyborg della serie 00... sono altamente selezionati... sono ragazzi che hanno ideali di libertà e di giustizia... il finto rapimento è necessario per dare loro una copertura... ti sta ingannando di nuovo Jiuly!>>
<<Maledetto bugiardo! No, Jiuly! Non dargli ascolto! Questo verme si è servito di te per avere gli appunti di tuo padre! Ma è un assassino!>>
Jiuly provò ribrezzo per quell’essere che tentava disperatamente di salvarsi la pelle. Puntò la pistola alla sua fronte. Jet si abbandonò, capì che ormai non poteva più fare nulla, non aveva la forza per reagire in alcun modo. La sua vita era nelle mani di Jiuly. Chiuse gli occhi.
La mano di Jiuly tremava. Pigiò l’indice sul grilletto, ma lo sentì enormemente pesante e difficile da spostare. Impiegò tutta la sua forza per premerlo, ma non si muoveva. Pensò in un primo momento che fosse inceppato, ma poi si rese conto che era il suo dito a non muoversi e capì che non ce l’avrebbe mai fatta.
<<No... non ci riesco... non sono un’assassina io! Non posso uccidere un uomo così...>>
Jet riuscì a malapena a sentire queste ultime parole prima di essere colpito di nuovo da una guardia e perdere i sensi.
Ehrenfest fu sorpreso dall’atteggiamento di Jiuly. Se avesse sparato a 002 sarebbe stata definitivamente in suo potere, sarebbe stato molto più semplice soggiogarla. Quel piccolo imprevisto non ci voleva, ma un uomo della sua intelligenza non fatica molto a girare la cosa a proprio vantaggio.
<<Brava, Jiuly! Era proprio quello che volevo sentirti dire!>> la incoraggiò. Le prese la pistola dalle mani, mentre la ragazza lo guardava incredula.<<Questa era una prova... volevo vedere se il tuo rancore ti accecasse... ma hai superato la prova eccellentemente!>>
<<Ma... se avessi sparato... io... ho cercato di premere il grilletto...>>
<<Suvvia, cara, pensi che t’avrei lasciato uccidere questo... verme... la pistola era a salve>>
Jiuly portò la mano al viso incredula per quanto avesse cercato di fare.
<<Su, vieni ora. Abbiamo molto lavoro da fare oggi. Te la senti di continuare?>>
Jiuly si limitò a fare un cenno col capo.
<<Bene. Allora andiamo>>

 

Jiuly non riusciva a non pensare a Jet. Era uno degli assassini di suo padre. Lo aveva ammesso lui stesso... come quella sera aveva ammesso di essere un cyborg... ma perché? Perché dirglielo? Se era tutta una messa in scena, perché rovinare tutto e ammettere di essere un cyborg? E poi... quelle cose che aveva detto... i ragazzi rapiti...
<<Dottoressa Lemming!>>
Jiuly trasalì.
<<Dottoressa, pare che l’anestetico non abbia fatto completamente effetto>>
L’infermiera le indicò un ragazzo steso su una barella vicino la porta della sala operatoria. Si avvicinò a lui. Era un ragazzo molto giovane, 20 anni al massimo. Gli tastò il polso e gli aprì le palpebre per controllare i riflessi delle pupille. Sembrava tutto ok. Si voltò verso l’infermiera per comunicarle qualcosa ma il ragazzo l’afferrò forte per il polso.
<<Non fatemi del male! Vi prego! NON FATEMI DEL MALE! NON VOGLIOOOOO!>>
Jiuly sfuggì alla presa e indietreggiò terrorizzata. A quelle urla accorsero una squadra di dottori e infermieri che erano all’interno della sala operatoria e subito sedarono il ragazzo. Il dott. Ehrenfest era tra quelli, si abbassò la benda che ne copriva la bocca.
<<Jiuly, mia cara, va a riposare, sei ancora sconvolta... va, non preoccuparti...>>

Jiuly vagava pensierosa per i corridoi. Le tornavano in mente lo sguardo terrorizzato di quel ragazzo e la tormentava l’idea che Jet potesse avere ragione circa i rapimenti... no, suo padre non avrebbe mai potuto fare quelle cose di cui Jet l’accusava... Era terribilmente confusa. Si appoggiò alla parete, stanca.
Improvvisamente dal corridoio sbucarono di corsa un ragazzo e una ragazza che si tenevano per mano. Al vederla si fermarono di colpo. Sembravano spaventati.
Jiuly li guardò stupita senza dir nulla. Il ragazzo strattonò la ragazza e ripresero pian piano la corsa dopo aver girato intorno a Jiuly senza mai perderla d’occhio. Jiuly li seguì con lo sguardo fin quando non li vide svoltare in un altro corridoio. Immediatamente arrivarono delle guardie armate.
<<Dottoressa...due prigionieri sono scappati! Li avete visti passare?>>
<<Prigionieri?...>> guardò le loro pistole. Poi li guardò dritto negli occhi:<<Sì, li ho visti! Sono andati da quella parte!>>
Si voltò ed indicò loro la direzione opposta a quella che aveva visto prendere ai due ragazzi.
<<Grazie!>> disse uno di loro <<Andiamo, presto!>>
<<Un momento!>> ordinò loro Jiuly.<<Datemi una pistola... se dovessi rincontrarli, stavolta li fermerò io stessa!>>
Uno di loro le lanciò una pistola laser, dopodiché corsero entrambi via.

<<Non puoi stare così male... ti hanno dato un bel colpo, lo so... ma sei sempre un cyborg!>>
Jiuly era nella cella di Jet e lo stava osservando da vicino. Teneva gli occhi chiusi e sembrava svenuto.
Puntò la pistola  e sparò alla catena che legava il suo polso sinistro. Il braccio gli cadde. Sparò anche all’altra catena, ma stavolta uno scatto improvviso colse Jiuly di sorpresa. Jet l’afferrò il braccio torcendoglielo dietro la schiena e le strinse il collo con l’altra mano.
Lasciò andare la pistola. <<Lo sapevo che stavi bene...>> disse con voce soffocata.
<<Dovrei torcerti il collo...>>
<<Dopo che mi avrai aiutata a far fuggire i ragazzi...>> disse sempre più con fatica.
Jet lasciò la presa. Jiuly si piegò a metà non riuscendo a smettere di tossire.
<<Perché dovrei fidarmi di te?>>
<<Coff... coff... perché non hai scelta... coff>>
Jet la guardò sospettoso. Forse era una trappola, forse fuori c’erano delle guardie. Raccolse la pistola e l’afferrò per il braccio.
<<E allora andiamo! Non c’è tempo da perdere!>>
La trascinò fuori dalla porta guardando bene in ogni direzione.
<<Se dovessimo incontrare qualcuno... puntami la pistola addosso e fa’ finta che io sia tua prigioniera...>>
<<Fa’ finta, dici?>>
Jiuly si voltò di scatto, liberandosi dalla sua presa. Lo guardò dritto negli occhi.
<<Mi aiuterai a fare uscire tutti questi ragazzi?>> disse decisa.
Jet fece cenno di sì.
<<Allora andiamo!>>
<<Non hai paura che io possa farti del male?>>
Si voltò e lo guardò severa. <<Tu non hai idea di quanto già me ne hai fatto... Ma ... accidenti!... Mi servi!... Non posso farcela da sola!>>
Jet sorrise ironico <<Mmmh... sei veramente una paladina della giustizia>>
<<Va’ al diavolo, farò da sola!>> gli disse prima di proseguire voltando l’angolo.
Uno strattone la riportò indietro. Delle guardie passarono per il corridoio adiacente.
<<Ti hanno vista?>>
<<Non credo...>> sospirò. Non sapeva cosa le fosse preso, cosa stesse facendo. Non ci aveva riflettuto, aveva agito d’istinto. Ma non era il momento di pensare, era il momento di agire.
<<Coraggio!>> le disse Jet poggiando la mano sulla sua spalla.
<<Per di qua!>>

 

<<Buon giorno>>
<<Buon giorno a te, Françoise!>>
<<Come mai già in piedi?>>
<<Non ho dormito molto bene...>>
<<Mi spiace, è colpa mia!>>
Dylan le sorrise, prese una tazza dallo stipite della cucina e la pose davanti a Françoise  che si era accomodata al tavolo della cucina di fronte a lui. Continuò a sorridere versandole del caffè nella tazza.
<<Che hai da ridere?>>
<<Niente...>>disse prendendo dei biscotti dalla dispensa e porgendoglieli.
<<Su... dimmi>>
<<Pensavo... che sarebbe stato divertente se ci fosse stato un caso di omonimia!>> rise.
Françoise portò le mani alla fronte, poggiando i gomiti sul tavolo: <<Non c’è niente da ridere! Anzi... io... mi sento terribilmente in colpa... >>
Dylan le prese le mani: <<Françoise, tu non hai nulla da farti perdonare, con nessuno... era normale che dopo quello che avevi passato, tu avessi bisogno di sentirti amata... e, sfortunatamente per me, era normale che tu pronunciassi quel nome visto che desideravi che ci fosse un altro al posto mio!>> 
<<Poche persone al tuo posto si sarebbero... arrese...>>
<<Dici? Non so: non credo che faccia piacere a nessuno essere chiamati col nome di un altro uomo in certi momenti! E poi se non mi fossi fermato di mio, mi avresti fermato tu... fidati!>>
Françoise gli sorrise.
TOK TOK TOK
<<Chi sarà a quest’ora del mattino?>> disse Dylan dirigendosi verso la porta.
<<Sono Bretagna e Geronimo! Che ci faranno qui?>>
Dylan aprì la porta beccandosi una squadrata da capo a piedi da Bretagna. Indossava solo i pantaloni del pigiama ed era a dorso nudo.
<< Françoise è qui? Abbiamo bisogno di lei: hanno catturato Jet!>>
Dylan li fece entrare in cucina dove trovarono Françoise con indosso la parte mancante del pigiama di Dylan. A Bretagna saltarono gli occhi fuori dalle orbite. Si voltò verso Dylan e poi di nuovo verso Françoise come per accertarsi di ciò che vedeva: <<Oh my God! Non è possibile! Françoise, dimmi che non è vero!>>
Françoise scosse la testa: <<Abbiamo altro a cui pensare, Bretagna, non credi?>>
<<Come puoi aver fatto una cosa del genere? E tu...>> disse voltandosi verso Dylan <<Tu non sei altro che un schifoso approfittatore!>>
<<Ehi ehi, amico, vacci piano!>> disse Dylan alzando le mani <<Guarda che non è come pensi!>>
<<Bretagna! Lascia stare, Dylan! Sono cose che non ti riguardano!>> intervenne Françoise piuttosto irritata.
<<Françoise, tu sei in un momento di confusione... so cosa è successo... hai litigato con Joe... e hai pensato che questo bellimbusto te lo avrebbe fatto scordare...>>
Françoise strabuzzò gli occhi incredula <<Ma cosa stai dicendo?! Tu non sai proprio niente!  ... Ma chi ti ha dato il permesso di impicciarti dei fatti miei?!>>
<<Non fare così! Vedrai che Joe ti perdonerà.. dopotutto è anche colpa sua...>>
<<Io non devo farmi perdonare un bel niente! Niente di niente!>>
<<Ora basta!>> intervenne autorevole Geronimo <<non è per discutere che siamo qui!>>
Dopo un attimo di silenzio indecifrabile, aggiunse: <<003, dobbiamo ritrovare Jet... 001 mi ha indicato la strada in un sogno telepatico... c’è una cartina di Londra qui?>>
<<Sì, vado a prenderla!>> disse Dylan allontanandosi.
Tornò subito con un’enorme mappa della città.
<<Eccola qui! Fornita da Scotland Yard!>>
<<Ecco ... dovrebbe essere qui....>> disse Geronimo indicando sulla mappa con un dito. <<è la base segreta del Fantasma Nero... sarà sorvegliatissima... ma non abbiamo il tempo di aspettare rinforzi, la vita di 002 potrebbe essere in pericolo!>>
<<Non abbiamo scelta: dobbiamo affrontarli!>> aggiunse Bretagna.
Françoise sospirò, <<io sono pronta!>>
<<Allora andiamo>> sentenziò 005.
<<Vengo anch’io!>>
Françoise scosse la testa: <<Stavolta no, Dylan. È troppo pericoloso per te!>>
<<Sono un detective di Scotland Yard, non scordarlo, Françoise... il pericolo è il mio mestiere>> aggiunse scherzando.
<<Ti assicuro che non hai mai avuto a che fare con una cosa simile! No, non possiamo rischiare la tua vita!>>
<<E perché no?>> disse ironico 007.
003 lo fulminò con uno sguardo.
<<E va bene... ho capito...>> disse avvicinandosi a Dylan, <<Vedi, Dylan, c’è un motivo molto serio per cui tu non puoi venire con noi... ed è questo!>>
007 gli mollò un pugno un pieno stomaco che fece svenire Dylan.
<<Al meno mi sono tolto una bella soddisfazione... andiamo ora...>>
Françoise non lo degnò neanche di uno sguardo, si inginocchiò vicino a Dylan privo di sensi. <<Addio Dylan ... e ... grazie!>>
Si rialzò e si allontanò insieme ai suoi due amici.

 

Parte 5

 

<<Ci sono guardie dappertutto... come facciamo ad entrare?>>
<<Vuoi farmi credere che il tuo pass non ti permette di accedere a quest’ala?>>
<<Che tu ci creda o no, è la prima volta che vengo qui, non so se posso entrare e comunque non potrai entrare tu... a meno che... ho un’idea!>>

<<È questa!>>
<<Ne sei certo, Geronimo?>>
Geronimo fissò il grande albero che aveva davanti.
<<Sì, è quello che 001 ha voluto mostrarmi in sogno.>>
<<Chissà com’è che non lo ha mostrato a te, eh Françoise?>>
Françoise lo guardò interdetta.
Bretagna alzò le braccia poggiando entrambe le mani dietro la nuca con fare dispettoso <<... forse perché non stavi dormendo!>>
<<Ora basta! Piantala! Non sono cose che ti riguardano, Bretagna!>>
<<003, dai un occhiata in giro... cerca Jet... >> disse Geronimo incurante dei loro battibecchi
003 si concentrò andando alla ricerca di 002

 

<<Accidenti! Sto maledetto coso non funziona!>>
<<Che succede, ...dottoressa Lemming?>> chiese una guardia in maniera sospettosa, leggendo il nome dal cartellino di Jiuly.
<<Ho rovesciato del caffè sul mio pass ... deve essersi smagnetizzato...>>
<<mmmh....>> la guardia scrutò sospettosa Jiuly dando un occhiata anche al ragazzo disteso sulla barella che spingeva.
<<È stato già sottoposto al lavaggio del cervello?>>
<<No... è un nuovo “acquisto”...>>
<<Stia attenta allora... potrebbe risvegliarsi da un momento all’altro!>>
La guardia inserì il suo cartellino.
<<Codice di accesso?>>
Jiuly rimase interdetta qualche istante <<Non... non c’è nessun codice di accesso!>> disse guardando il dispositivo d’accesso.
La guardia sorrise <<Scusi, dottoressa, era per sicurezza!>>
<<Oh sì sì... fate bene...>>
Jiuly varcò la soglia di accesso tirando un forte sospiro. Non sapeva dove dirigersi cercò disperatamente un angolo da voltare per sfuggire allo sguardo di quelle guardie.
Voltato l’angolo incrociò una specie di infermiere dalle fattezze molto robuste. Le stava prendendo un accidente.
<<”Trattato?”>> disse indicando Jet disteso sulla lettiga.
<<S-sì.>> rispose Jiuly.
<<Sei nuova?>>
 <<S-sì.>>
<<Quelli “trattati” vanno dall’altra parte... Ti accompagno.>>
Jiuly si limitò ad annuire.
L’energumeno li scortò in una grande sala in cui vi erano quattro letti attrezzati con moderne apparecchiature. Uno soltanto era libero, negli altri tre giacevano dei ragazzi.
Non appena Jet sentì chiudere la porta balzò dal letto aggredendo l’infermiere e mettendolo al tappeto senza che nemmeno avesse il tempo di emettere un gemito.
<<Come facevi a sapere che non c’era alcun codice di accesso?>>
<<Eh?... Ah... quel tipo di dispositivo non lo supporta... l’esame di elettronica serve a qualcosa... >>
Si guardarono intorno. Quei ragazzi erano giovanissimi ma erano completamente privi di forze, inerti su quei letti ipertecnologici che garantivano loro una innocua attività vegetativa.
<<Avranno la mia età....>>
<<Anche io ho la tua età... e i bambini che tuo padre ha usato contro di noi erano ancora più giovani>>
<<Ascoltami bene, bamboccio! Il fatto che io ti permetta di aiutarmi non ti faccia pensare che io creda alle tue fandonie soprattutto quelle che riguardano mio padre!>> Sentenziò Jiuly agitando il suo indice sotto il naso di Jet.
<<Ok! Ok! Non c’è bisogno di agitarsi tanto! Se non vuoi accettare la realtà... vivi pure nella tua “favola”! Ma questo è il mio incubo!>>
Jiuly lo guardò di traverso senza aggiungere altro. Si voltò verso quei ragazzi e sospirò.
<<Come facciamo a portarli via? Non sono in grado di reggersi sulle loro gambe.>>
<<Accidenti! La mia rice-trasmittente non funziona! Dovrò cavarmela da solo!>>
<<Che stai dicendo?>>
<<La mia rice-trasmittente non funziona... deve essere stata la botta che ho ricevuto... Volevo chiamare “rinforzi”....>>
Jiuly riflettè su ciò che Jet aveva appena detto: <<Vuoi dire... che anche i tuoi amici sono ... dei Cyborg come te....>>
Alzò lo sguardo realizzando: <<Tu... e i tuoi amici... siete quell’organizzazione criminale che ha ucciso mio padre... >>
Jiuly guardò Jet fisso negli occhi. <<Quando tutto questo sarà finito... dovrete rispondermene!>>
Jet non abbassò lo sguardo neanche per un attimo: <<Ne sarò lieto.... e tu dovrai rispondere di tutto questo!>> disse allargando le braccia mostrandogli quei ragazzi inerti.  
Jiuly li guardò di nuovo poi portò le mani energicamente al volto quasi a cancellare quell’espressione spaurita, mentre nella testa cercava il modo di portare in salvo quelle persone.
<<Dall’altra parte devono esserci i ragazzi rapiti, lì forse, qualcuno potrà aiutarci...>>

<<Ho trovato Jet! È nei sotterranei.... è ... è con Jiuly!>>
<<E che ci fa Jiuly? Cosa gli è passato per la testa a quella testa di rapa di trascinare Jiuly in questo posto?!>>
<<Non lo so... stanno cercando di liberare i ragazzi rapiti.... Oh mio Dio!...>>
<<Cosa succede?>>
<<Delle guardie... stanno dando il cambio … se vanno da quella parte li scopriranno....>>
<<Ok tocca a noi!>> si alzò Geronimo nella sua imponente statura.
<<Dobbiamo creare un diversivo>>

Geronimo entrò sfondando il muro di cinta senza fare tanti complimenti. Alla veduta di quel gigante le guardie restarono qualche istante sotto shock. Poi tremanti scaricarono l’intero caricatore del mitra su quella montagna di muscoli.
Quando il fumo della polvere da sparo si diradò i due poveri malcapitati si ritrovarono di fronte 005 al quale i proiettili avevano appena fatto il solletico.
Li afferrò e li fece sbattere l’uno contro l’altro, mettendoli k.o.
L’allarme risuonò e presto 005 si ritrovò sotto il fuoco di altri mitra.
<<A questi ci penso io. 003, 007, voi pensate a Jet e liberate i prigionieri!>>

L’allarme risuonò anche all’interno dei sotterranei dove erano tenuti prigionieri i ragazzi. Alcune guardie inizialmente dirette inconsapevolmente verso Jet e Jiuly tornarono di corsa indietro per soccorrere i loro compagni in difficoltà.
<<Che succede?>> chiese ansiosa Jiuly.
<<Allegra! È arrivata la cavalleria!>> rispose Jet sorridendo.
<<Ragazzi, l’uscita non è lontana... dobbiamo arrivare alla scala di emergenza... ce la fate? Come stanno i ragazzi sotto sedativi?>>
<<Si stanno svegliando ma non riescono a reggersi>> rispose una ragazza.
<<Non preoccuparti... a loro pensiamo noi... basta che ci portiate fuori da questo posto!>> aggiunse uno dei ragazzi più robusti.
Jet spinse il pesante maniglione della porta taglia-fuoco che portava alla scala di emergenza.
<<Ehi! Quelli stanno scappando!>>
Alcune guardie sulla scala d’emergenza si erano accorte della loro fuga e cominciarono a sparare contro di loro.
Jet si rifugiò dietro la porta taglia-fuoco sparando a sua volta nella loro direzione.
Nel frattempo altrinnovanno da quella parte li____________________________________________________________________________________________________ spari arrivavano dall’altra direzione. Alcune guardie erano appostate sulla scala d’emergenza bloccando la fuga dei prigionieri.
<<Jet! Siamo in trappola! Che facciamo?>> disse Jiuly stringendosi a lui.
<<Maledizione!>>
Improvvisamente un esplosione proveniente dal piano superiore fece interrompere gli spari. Le guardie sulla scala caddero giù prive di sensi.
Jet guardò incredulo nella direzione del piano superiore.
Dalla rampa ascendente comparirono le sagome di 007 e 003.
<<Era ora!>> esclamò Jet.
<<Non sprecarti in ringraziamenti, eh Jet!>>
<<Mai stato così felice di vedere la tua testa pelata!>>
<<Quando avrete smesso con i vostri convenevoli, fatemi un cenno. Io nel frattempo cerco di mettere in salvo queste persone...>>
<<003, che gioia poter risentire le tue risposte acide!>>
003 lo guardò con un’espressione un po’ interdetta. <<Io non sono acida!>>
Dall’altra parte uno sparo li interruppe.
<<Eccoli! Sono lì!>>
<<Ok, basta  con i convenevoli... 003, tu e Jiuly portate in salvo questi ragazzi, io e 007 ci occuperemo di questi cattivoni!>>
<<Jet, io... >> cercò di protestare Jiuly, ma Jet la interruppe.
<<Fai come ti dico! Avremo modo di parlare più tardi!>>
<<Ascoltami, microcefalo! È importante!>>
<<NON ORA!>>
<<Vieni, Jiuly. Non è il momento di discutere.>> la invitò 003.

Jiuly si incamminò mal volentieri.
All’uscita dalle scale c’era Geronimo che teneva a bada un certo numero di guardie senza sforzo.
Non appena 005 intravide 003 con i ragazzi scappati e Jiuly si liberò di quegli impiastri senza sforzo coprendo loro la fuga.
I ragazzi riuscirono a fuggire passando dalla stessa breccia che pochi minuti prima 005 aveva fatto col proprio corpo nel muro di cinta della base del fantasma nero.
Al momento di fuggire per mettersi in salvo Jiuly sembrò esitare.
<<Io... devo recuperare gli appunti di mio padre...>>
<<Di cosa stai parlando, Jiuly? È pericoloso rientrare... 002 e 007 faranno saltare la loro base!>>
<<Non capite: se Erenfest riesce a scappare con quegli appunti... tutto questo sarà inutile!>>
Dette queste parole Jiuly scappò via, giù per le scale.
003 cercò di seguirla ma uno strattone la trattenne.
<<Aspettami, 003!>> sentenziò 005 trattenendola per un braccio.
003 guardò sbigottita l’amico che la tratteneva per un braccio mentre con l’altro colpiva ancora i nemici. Cercò di liberarsi dalla stretta, vedendo Jiuly sparire giù per le scale, ma fu inutile. Era impossibile per lei opporsi a quel gigante.
Liberatosi degli ultimi irriducibili nemici, 005 si rivolse di nuovo a 003.
<<Qualcuno mi ha chiesto di tenerti d’occhio. Se ti dovesse accadere qualcosa, non potrei tornare a casa.>>
003 capì immediatamente a chi si riferisse. Il suo pensiero volò all’altro capo del mondo, in Giappone.
“Joe...” quanto le era caro quel nome... proprio quel nome che la faceva sospirare e battere il cuore, che la faceva infuriare, che le causava smarrimento e a volte disperazione, tenerezza e timore... proprio quel nome le aveva impedito di commettere un grosso errore... eppure si era così allontanata da lui, era stato lui stesso ad allontanarla... ma  quella stessa persona, lo stesso che l’aveva scacciata in malo modo, si preoccupava per lei. Le sembrava persino di poter sentire la sua preoccupazione, il suo timore... Ed incredibilmente, per la prima volta da quando era un cyborg, aveva paura: paura di non riuscire a farcela, di non ritornare più da lui sebbene quel ritorno sarebbe stato accolto da un solo sguardo e niente più. Aveva paura anche di dargli un dispiacere, cosa sarebbe stato di lui, se non fosse tornata? Sorrise, forse si stava sopravalutando...
<<Ora andiamo, 003. Dobbiamo aiutare Jiuly>> disse 005, felice di vederla sorridere.
Aveva fatto bene a dirgli di Joe, anche se si era raccomandato di non farlo.
A Geronimo era palese che quei due ragazzi sono destinati a stare insieme, ne era fermamente convinto. Il destino li aveva privati di una giovinezza normale, di una vita normale, ma nulla può impedire ad un amore di sbocciare, neanche la guerra, le battaglie, le difficoltà.
In cuor suo Geronimo sperava solo che Joe non venisse a sapere della notte passata fuori da Françoise...

<<Jet, Bretagna, dov’è Jiuly?>>
<<DOV’È  JIULY?! DOVEVA ESSERE CON VOI!>> rispose Jet, visibilmente alterato.
<<è scappata via dicendo che doveva recuperare gli appunti di suo padre...>>
<<Maledizione! Dobbiamo trovarla!>>

Jiuly era entrata nella sala di controllo centrale della base. La conosceva bene, da lì c'era un diretto controllo su tutte le operazioni per trasformare in cyborg i ragazzi. Gli spari avevano attirato tutte le guardie fuori e i dottori erano scappati. Non c'era nessuno lì, ma se gli appunti di suo padre non erano stati portati già via, presto sarebbe venuto qualcuno a recuperarli. Sospirò... non aveva molto tempo.
Si diresse verso una grande cassettiera. Fortunatamente non era stata chiusa a chiave. Cominciò a cercare tra i cd. Non riusciva a trove quello che conteneva tutti gli appunti di suo padre. Non aveva mai compreso bene cosa dicessero quegli appunti, ma di certo dovevano essere importanti per Erenfest visto che li aveva richiesti esplicitamente prima di prenderla nel suo laboratorio. Dove poteva essere finito?
D'un tratto le balenò un'idea per la testa. Andò verso il grande pc che era al centro della sala. Premette un pulsante facendo aprire uno sportello. Il cd era lì, ancora dentro il pc. Lo prese tra le mani, ora doveva scappare più in fretta che poteva.
<<Ottima idea, cara! Ora dammi quel cd...>>
Jiuly trasalì spaventata riconoscendo la voce di Erenfest.
Fece uno scatto all'indietro guardandolo terrorizzata.
Erenfest la guardò dapprima stupito, poi comprese. <<Piccola vipera... allora sei stata tu a far scappare 002!>>
<<Co-cosa c'è su questo cd?>>
Erenfest si passò una mano tra i capelli <<Tuo padre ha trovato un metodo per condizionare le menti delle persone, era uno scienziato di tutto rispetto... Quel maledetto bastardo però ha piazzato un potentissimo virus su questo cd che ne rende impossibile la copia.>>
Sorrise.<<Pfff... ce l'ho messo io... una piccola precauzione...>>
<<Confesso di averti sottovalutata...peccato tu sia però tanto stupida da non aver capito chi la spunterà.... ora dammi quel cd.>> Le intimò estraendo una pistola.
<<FERMO!>>
I quattro cyborg erano entrati anche loro in quell'enorme sala. Jiuly dava loro le spalle, sotto tiro di erenfest, non osava voltarsi.
<<Fermi voi! Se ci tenete alla vita di questa ragazza! Ed anche tu, Jiuly, fai ancora un passo e sei morta.>>
La afferrò per un braccio e le puntò la pistola alla tempia.
<<Ah ah ah... ora andate lì... verso quella parete...>>
I cyborg non avevano altra scelta che fare ciò che diceva.
Non appena si avvicinarono alla parete laterale dei maniglioni li bloccarono.
Erenfest premette dei pulsanti sulla consolle che aveva di fianco. <<Salterete in aria con la base... ah aha ah... Tu verrai con me! Mi sarai utile una volta che avrò fatto il lavaggio del cervello anche a te...>>
<<NOOOOOOO!>> urlò Jiuly che con uno strattone si liberò.
Erenfest la teneva sotto tiro.
Jiuly guardò il cd che aveva ancora tra le mani, poi si voltò verso Jet.
<<Mi dispiace, Jet, tra noi, non avrebbe mai funzionato!>>
Prese il cd per due estremi e lo spaccò in due.
<<Maledetta! Va' all'inferno!>> Erenfest le sparò. Jiuly cadde tramortita.
<<NOOOOOOOOOO, JIULYYYYYY!>> Urlò Jet disperato.
<<Maledetti! Morirete tutti!>>
Erenfest puntò la pistola verso 003 per prima, ma un colpo alla mano gli fece perdere la pistola.
<<Fermo, Erenfest! Scotland Yard!>>
Entrò Dylan impugnando una pistola ancora fumante.
<<In nome di sua maestà la Regina, la dichiaro in arresto. Dovrà rispondere del rapimento di 26 persone... >>
Erenfest alzò le mani con uno strano ghigno alla vista del detective.
<<Detective Holles... mancava solo lei...>>
<<Presto arriveranno altri... ho chiamato Scotland Yard!>>
<<Attento, Dylan!>> gli urlò 003, mentre alle sue spalle era comparso uno dei ragazzi trasformato in cyborg.
Aveva una stazza imponente, lo afferrò per le spalle e lo scaraventò in terra, facendogli perdere la pistola.
<<Ah ah ah... non si preoccupi Holles, domani nel suo necrologio, si leggerà di quanto sia stato coraggioso a salvare la vita ad un eminente scienziato, perseguitato da quattro delinquenti! ah aha ha ... la regina le darà una medaglia... alla memoria! Ah ah ah ah!>>
Dylan riuscì a rialzarsi a malapena. Scollò la testa per riprendersi mentre era ancora a carponi a terra.
L'energumeno lo colpì con un calcio al fianco. Poi lo afferrò per la camicia e per una gamba, lo sollevò fino a portarlo sopra la sua testa e lo scaraventò contro un pannello di controllo. Dylan, mezzo tramortito, si appoggiò al pannello e cominciò a premere di tutto finchè non si sbloccarono i maniglioni che imprigionavano i cyborg.
Erenfest cercò di scappare ma un colpo lo centrò alla testa.
Jet gettò via la pistola con cui aveva sparato e raccolse Jiuly da quel lago di sangue.
005 fece fuori l'energumeno con un solo pugno.
003 e 007 aiutarono Dylan e scapparono via.
La base saltò in aria pochi secondi dopo.

 

 Epilogo

 

<<Mi dispiace: aveva perso troppo sangue. Non siamo riusciti a salvarla>> disse il medico con quella freddezza di chi era abituato oramai a dare quel genere di notizie.
May scoppiò in lacrime e si strinse a Charles, anche lui dall'aria assai provata. Non avevano mai avuto figli e si erano affezionati a quella ragazza orfana che una sera aveva bussato alla porta del loro pub alla ricerca di un lavoro.
<<Signori, vorrei che voi rimaneste a disposizione dell'autorità per alcuni chiarimenti circa la posizione della signorina Lemming...>> disse un agente un po' troppo zelante.
<<Lasciali in pace Higgins! Non vedi che i signori non hanno alcuna voglia di rispondere alle tue domande?>>
<<Ispettore!... io facecvo soltanto il mio dovere...>>
<<Lo so, lo so... SOLTANTO il tuo dovere!!>> sottolineò l'ispettore <<Signori, vogliate accettare le mie più sentite condoglianze... e anche quelle dell'agente Higgins...>> aggiunse guardandolo di traverso.
<<Vieni con me, ragazzo!>> gli ordinò prima di andare via.
L'ispettore fece per andarsene quando notò un ragazzo con un buffo ciuffo rosso seduto affranto su una panca.
Si fermò e lo squadrò da capo a piede con il fare di chi è abituato a fare un'analisi dettagliata con un solo sguardo.
Jet rialzò lievemente il capo e ricambiò il suo sguardo. Non avrebbe mai saputo cosa l'ispettore ci vide, lo vide soltanto fare una smorfia, una specie di sospiro e andare via.

TOC TOC
<<Avanti!>>
<<Eccoci qua, old boy!>>
<<Allora? Come sta?>>
<<La signorina Lemming non ce l'ha fatta, mi spiace ragazzo...>>
Françoise portò le mani al volto, nascondendo le lacrime.
<<Maledizione! Se solo fossi arrivato un attimo prima!>>
<<Non è colpa tua, old boy!>> disse l'ispettore scrollando la testa <<è stata una fortuna per te uscire di lì ancora vivo... il medico dice che hai un braccio rotto,  due costole incrinate, lividi ed escoriazioni su tutto il corpo e la testa ti ha retto solo perchè è dura come il marmo! Andare da solo contro un pazzo come quell'Erenfest è stata una vera incoscienza! Dovevi aspettare i rinforzi! E poi ti avevo sollevato dal caso....>>
<<Finita la predica?>>
<<mphf... e comunque sono qui per farti firmare la tua deposizione, sempre che tu ce la faccia a reggere la penna...>>
<<Allora, old boy, ricapitolando... la signorina Lemming, borsista del dottor Erenfest, ti ha chiamato quando si è accorta di strani movimenti all'interno del suo laboratorio, Erenfest l'ha scoperta, le ha sparato, tu gli hai sparato e poi il laboratorio è esploso...>>
<<Esattamente...>> affermò Dylan guardandolo fisso negli occhi.
Dylan impugnò la penna e firmò.
L'ispettore chiuse il fascicolo e lo diede all'agente Higgins che lo aveva seguito nella camera in cui era ricoverato Dylan. L'ispettore gli fece cenno di andare e così fece.
<<Ora che siamo soli ...>> l'ispettore esitò un attimo guardando Françoise.
Dylan gli fece intendere che poteva proseguire.
<<...bene, dicevo... ora che siamo soli posso dirti che non credo ad una sola parola di quel rapporto...>>
Dylan sorrise <<ma di certo non vorrai ascoltare un'altra storia su cyborg e lavaggio del cervello... vero, vecchio mio?>>
<<Per carità!>> esclamò allargando le braccia <<panzane per panzane mi tengo quelle del rapporto!>>
<<Non sono panzane! I cyborg esistono per davvero! Françoise è un cyborg per esempio!>>
<<Dylan!>> protestò Françoise
<<Non ci faccia caso, signorina... sarà stata la botta in testa..>> le disse toccandosi la testa con l'indice.
<<Chi vuoi che creda che una bella ragazza così sia un robot!>>
Dylan guardò Françoise con un sorriso pieno di soddisfazione come quello di chi aveva appena dimostrato che E=mc2.
<<Bella dici? Io credo sia bellissima! Solo uno stupido potrebbe non innamorarsene!>>
Françoise arrossì d'un botto.
<<Ah beata gioventù! Vi lascio soli... addio signorina...>>
Françoise si alzò per accompagnarlo alla porta, quando l'ispettore si fermò.
<<Ah dimenticavo... la regina in persona ha sentito la storia della dottoressa Lemming e ha deciso di istituire un premio alla memoria... si tratta di una bella cifra, stiamo parlando di svariate migliaia se non di un milione di sterline... non potrai disporne personalmente... ma potresti dare qualche indicazione su un'ente benefico a cui devolvere questi soldi... pensaci...>>
<<Non ho bisogno di pensarci... un amico poco tempo fa mi ha parlato di un campo nomadi nell'east side. Vorrebbe che quei bambini andassero a scuola e che giocassero con altri bambini anzichè andare in giro a chiedere l'elemosina... sono sicuro che anche Jiuly sarebbe daccordo...>>
L'ispettore fece un cenno col capo e andò via.
Françoise chiuse la porta e lo guardò con uno sguardo di rinprovero.
<<Non avercela con me, Françoise. Non volevo certo dare dello stupido al tuo Joe... però...>>
<<Non aggiungere altro...>> tentò di fermarlo.
<<... volevo dire che sono certo che anche lui ti ama...>> le sorrise.
Toc Toc
<<è permesso?>>
<<Entra pure, Bretagna, basta che non mi dai un altro pugno>>
<<eh eh eh ... credo che tu ne abbia avuti abbastanza...>>
<<già...>>
<<Françoise, dobbiamo andare... il nostro aereo parte tra meno di due ore...>>
<<Jet? Come sta?>>
<<Sto bene ... non preoccuparti... è arrivato il momento di andare...>> disse Jet entrando con voce quasi soffocata.
Françoise lo abbracciò stretto.
<<Addio, Dylan, grazie per il tuo aiuto...>> disse stringendogli la mano.
<<Mi dispiace solo di non aver potuto fare di più...>>
<<Ho saputo che hai chiesto all'ispettore di aiutare i Rom dell'east side... grazie...>> aggiunse Geronimo.
<<Addio Dylan. Semmai avrai bisogno di noi fai un fischio...>>
<<Grazie Bretagna... lo terrò a mente...>>
<<Addio Dylan!>> disse Françoise <<... e grazie davvero di tutto!>>

 

Epilogo alternativo

 

Erano trascorsi ormai 5 anni da quel giorno, la lotta contro il fantasma nero era finita ed i cyborg si ritrovavano dopo un po' di tempo tutti insieme per un lieto evento.
Jet e Joe passeggiano nervosamente sull'altare di una chiesa. Indossano abiti da cerimonia.
<<Allora, Joe, nervoso?>>
<<Eh sì... parecchio.... ma più che altro sono preoccupato per lei... >> disse guardando Françoise.
<<Ma... sta piangendo?!>>
Si voltarono entrambi verso Françoise che suonava il violino ai lati dell'altare. Aveva il viso rigato dalle lacrime.
Joe alzò le spalle <<Ha sempre avuto la lacrima facile... figuriamoci adesso!>>
<<Già... e comunque non deve essere facile per lei...>>
<<A volte mi sento un po' in colpa...>>
<<Aaah ... che vai dicendo?>>
Jet fece due passi in avanti, si voltò poi tornò verso Joe.
<<Joe... ma quelli... non sono Tom Cruise e Brad Pitt?>>
<<Sì>> disse sospirando.
<<E tutte quelle ragazze che ti guardano e ti mangiano con gli occhi chi sono?>>
<<Le ragazze della mailing-list...>>
<<Anche quella imbavagliata e legata laggiù?>>
<<Sì...>> scosse di nuovo le spalle.<<Che vuoi da me? Sei stato tu ad andare dall'autrice della fanfiction a minacciarla per farle cambiare il finale della storia!! Hai fatto il diavolo a quattro... volevi il finale alternativo? Beh allora ti tieni gli  invitati che ha deciso l'autrice!>>
<<A me va bene... figurati! Sei tu che ti ritrovi con una moglie ed un figlio in arrivo...>> disse dando un'energica pacca sulla spalla a Joe.
<<A proposito... sicuro che sia tuo?>>
<<Ah-ah spiritoso... beh? Non ti ha detto niente il dottor Gilmor?>>
<<Ok ok! Touché! Ora fai il bravo che sta arrivando la sposa...>>
Françoise attacca con la marcia nuziale.
In fondo alla chiesa compare Charles che tiene sotto braccio una splendida sposa: Jiuly.
A passi lenti si avvicinano all'altare. Charles consegna a Jet la sposa. La bacia sulla fronte.
<<Ciao bellezza!>>
<<Ciao microcefalo!>>

... e vissero felici e contenti!

 

Contento Jet?
MMMMmmm sì....
Ora puoi lasciare il mio collo? Grazie!

© 30/07/ 2008

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